Rimanenze tracciate: più difese dagli uffici
Le rimanenze finali non concorrono a formare il reddito delle imprese minori ma si ritiene che sia ancora necessario tenerne memoria.
L’articolo 9, comma 1, lettera b), del Dl 69/1989 stabilisce l’obbligo di annotare nei registri di cui all’articolo 18 del Dpr 600/1973 (o in un prospetto), entro il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, anche il valore delle rimanenze, indicando distintamente le quantità e i valori per singole categorie di beni in giacenza alla fine dell’esercizio, con l’indicazione dei criteri per la valutazione.
Tale disposizione si potrebbe ritenere superata per effetto della irrilevanza ai fini reddituali delle rimanenze, ma i contribuenti devono ancora tenere memoria delle variazioni delle stesse intervenute dopo il passaggio al regime “di cassa”, oltre che per motivi extrafiscali (ed esempio i rapporti con le banche), perché:
nel rigo RG38 della prossima dichiarazione dei redditi è richiesta l’indicazione delle rimanenze finali del 2017 (relative a materie prime ed assimilate, a opere di durata ultrannuale e ai titoli) o della loro insussistenza (barrando l’apposita casella);
nelle motivazioni del provvedimento 25090/2018 del direttore dell’agenzia delle Entrate del 31 gennaio 2018 è precisato che è in corso di adozione (nell’ambito del Dm che stabilirà, entro il prossimo 31 marzo, i correttivi da applicarsi agli studi di settore per il 2017) una nuova metodologia basata, tra l’altro, sulle rimanenze finali di magazzino, che permetterà la corretta applicazione degli studi alle imprese minori. Nei modelli relativi alla comunicazione dei dati relativi agli studi di settore continuerà, quindi, ad essere richiesta l’indicazione dell’ammontare delle rimanenze finali;
in caso di passaggio al regime di contabilità ordinaria, nella circolare 11/E/2017 è precisato che occorre distinguere tra le rimanenze di merci il cui costo è stato dedotto in regime semplificato e quelle per le quali non è stato ancora effettuato il pagamento, che rileveranno come esistenze iniziali secondo le regole della competenza.
Appare, pertanto, opportuno continuare ad effettuare tale annotazione delle rimanenze nei registri, anche al fine di prevenire l’insorgere di errori e fraintendimenti in sede di controllo.
I verificatori dell’amministrazione finanziaria potranno, infatti, controllare la corrispondenza alla realtà degli acquisti e dei ricavi dichiarati (anche in base all’articolo 66 del Tuir) verificando le giacenze di magazzino al momento dell’inizio del controllo fiscale, per poi procedere “all’indietro” fino all’ultimo anno nel quale è stato applicato il criterio di competenza, tenendo conto degli acquisti e delle vendite risultanti (a partire dall’anno di adozione del nuovo regime) dalla contabilità Iva e dalle registrazioni “di cassa”.
Si ritiene che in tal modo potranno continuare a essere applicate le presunzioni di cessioni e di acquisti ai fini dell’Iva e ad essere utilizzati gli ordinari metodi di accertamento analitico-induttivo.
Il 770 semplificato ai tempi supplementari. In attesa di superare l’ostacolo sul visto per i crediti elevati
di Fabio Giordano, Comitato tecnico AssoSoftware