Riporto delle eccedenze di Rol con nuovo limite di cinque anni
Un mercato unico solido necessita di un sistema di tassazione delle imprese equo, efficiente e coordinato, partendo dal principio che le imprese devono pagare le imposte nello Stato in cui generano gli utili. Una pianificazione fiscale aggressiva mette a repentaglio questo principio.
È la filosofia di fondo che ha portato il Consiglio Ue ad adottare il 12 luglio 2016 la cosiddetta direttiva anti-elusione (Atad, anti-tax avoidance directive), a cui lo schema di decreto legislativo approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri lo scorso 8 agosto intende dare attuazione. La direttiva - che fa parte di un più ampio pacchetto antielusione finalizzato a recepire le raccomandazioni Ocse del progetto Beps (Base erosion and profit shifting) - stabilisce una serie di misure vincolanti contro la pianificazione fiscale aggressiva da parte di quei gruppi societari che, sfruttando le disparità fra i sistemi fiscali, riducono il loro carico fiscale.
A questo scopo, la direttiva ha individuato cinque aree di intervento per il contrasto alla pianificazione aggressiva:
limitare la deducibilità degli interessi passivi, ritenuti uno dei principali strumenti per il trasferimento degli utili;
rafforzare l’imposizione in uscita degli attivi che vengono trasferiti verso un altro Stato (exit tax);
rafforzare le norme sulle società controllate estere (Cfc), per garantire che gli utili allocati in paesi a bassa imposizione fiscale siano effettivamente tassati;
introdurre una norma generale anti-abuso di portata europea;
eliminare gli impatti negativi dei disallineamenti da ibridi, per evitare fenomeni di doppia non imposizione.
Il 29 maggio 2017 il Consiglio ha adottato una modifica alla direttiva antiabuso, incorporando la direttiva 2017/952 (Atad 2), sui disallineamenti da ibridi con paesi terzi.
È in questo contesto che va letto lo schema di decreto legislativo, che allinea la normativa italiana alle prescrizioni Ue. Lo schema prevede modifiche alla normativa domestica in quattro delle cinque aree di intervento della direttiva; non viene introdotta alcuna modifica rispetto alla norma generale anti-elusiva, in quanto l’articolo 10 bis dello Statuto dei diritti del contribuente – introdotto nel 2015 - appare già allineato con la clausola generale antiabuso Ue. Allo stesso tempo, lo schema introduce ulteriori modifiche di coordinamento alla disciplina nazionale in materia di tassazione di dividendi e plusvalenze derivanti da soggetti residenti in Stati a fiscalità privilegiata, rese necessarie a seguito della revisione dell’ambito applicativo della normativa Cfc.
L’intervento del nostro legislatore è tempestivo. Secondo la direttiva, gli Stati membri hanno tempo fino al 31 dicembre 2018 per recepire la disciplina Ue. Inoltre, gli Stati con norme già allineate con i limiti sugli interessi passivi (come l’Italia) possono applicarle fino al 1° gennaio 2024.
Entrando nel dettaglio, il primo ambito di intervento riguarda la revisione dell’articolo 96 del Tuir in materia di interessi passivi. La norma attuale, peraltro, è già allineata con la prescrizione vincolante della direttiva, ovvero l’introduzione di un limite pari al 30% del reddito operativo lordo. Lo schema, tuttavia, inasprisce ulteriormente la disciplina domestica, stabilendo che tra gli interessi soggetti al limite del 30% del Rol sono ricompresi anche quelli capitalizzati sul costo dei beni, ad oggi deducibili senza limiti, ed introducendo un limite di cinque anni (previsto dalla direttiva) per il riporto delle eccedenze di Rol.
Non viene recepita la possibilità offerta dalla direttiva di prevedere una libera deducibilità degli interessi entro una franchigia non superiore a tre milioni, così come la totale deducibilità degli interessi per le società non appartenenti a gruppi (a minore rischio elusione). Viene, invece, attuata la previsione di piena deducibilità per prestiti utilizzati per il finanziamento di progetti infrastrutturali pubblici.
Anche in materia di trasferimento di attivi lo schema conferma il principio Ue che impone l’applicazione dell’exit tax sui plusvalori maturati; viene inoltre previsto che in caso di trasferimenti in ambito Ue e See l’impresa ha la possibilità di rateizzazione dell’imposta sulla plusvalenza in cinque anni (contro i sei previsti attualmente), mentre viene escluso il regime di sospensione. Lo schema adegua la disciplina del trasferimento della residenza in Italia (cosiddetta entry tax), confermando il principio del valore di mercato per i trasferimenti da Stati Ue o white list. Per quanto concerne i disallineamenti da ibridi - situazioni in cui a fronte della deduzione di un componente negativo in capo al pagatore non vi è inclusione di un corrispondente componente positivo nel reddito del beneficiario - vengono previste disposizioni per evitare fenomeni di doppia non imposizione.