Controlli e liti

Rischio supertassazione sui fondi alternativi

di Marco Piazza

I redditi dei fondi comuni non armonizzati restano a rischio di supertassazione nella voluntary bis. Non è stato infatti più corretto un errore contenuto nell’articolo 5-octies, comma 1, lettera c), del decreto legge 167 del 1990. Questa norma – con una formulazione a dire il vero un poco contorta – consente ai contribuenti che accedono alla voluntary bis di includere nella relazione di accompagnamento da presentare entro il 30 settembre 2017 i dati del quadro RW e quelli reddituali relativi al 2016 e alla frazione di periodo d’imposta 2017 antecedente alla presentazione della richiesta di ammissione (da effettuarsi entro il 31 luglio 2017), limitatamente, però, alle sole attività detenute all’estero oggetto della procedura.

In tal caso, la norma prevede che i contribuenti provvedano spontaneamente al versamento in unica soluzione, entro il 30 settembre 2017 delle imposte, delle eventuali sanzioni – ridotte alle misure stabilite per il ravvedimento operoso – e degli interessi, per il 2016 e per la frazione del 2017.

Integrando la relazione di accompagnamento si può evitare di indicare le stesse attività nel modello Unico, con riferimento sia al monitoraggio fiscale sia ai quadri reddituali.

La norma pare ben lontana dall’avere utilità pratica. In primo luogo, impone l’applicazione della massima aliquota Irpef (si suppone, compreso il contributo di solidarietà fino al 31 dicembre 2016) e delle addizionali anche a proventi che – se indicati in dichiarazione – sconterebbero l’imposta sostitutiva massima del 26%. Ci si riferisce ai fondi di investimento alternativi (Fia) che, pur non essendo organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (Oicvm) conformi alla direttiva 2009/65/Ce, sono comunque istituiti nella Ue o nella See e hanno un gestore soggetto a forme di vigilanza nel suo Paese di residenza, ai sensi della direttiva 2011/61/Ue. I Fia si distinguono dagli Oicvm soprattutto per non essere soggetti a particolari vincoli nella politica d’investimento. In base all’articolo 1- ter, comma 2, della legge 77/1983, anche i proventi dei Fia sono soggetti alla ritenuta d’imposta del 26% (a volte su base imponibile ridotta) se i beneficiari sono persone fisiche fuori dall’esercizio d’impresa (si veda la circolare 27/E del 2015 e i pronunciamenti ivi citati). È quindi incomprensibile il richiamo fatto dalla norma alla direttiva 2009/65/Ue anziché alla direttiva 61/2011/Ue.

Si rischia di creare equivoci anche con riferimento alla procedura di «versamento spontaneo» delle imposte riferite ai periodi compresi nella voluntary disclosure; equivoci che potrebbero compromettere le aspettative di gettito per il 2017. Tra l’altro, è molto difficile accertare, caso per caso, se un fondo rientri nell’una e/o nell’altra direttiva perché la classificazione è molto tecnica. Una complessità che non riguarderà solo i professionisti, ma anche gli Uffici.

Inoltre, sembrerebbe che l’esonero dalla compilazione dei quadri reddituali riguardi solo le attività finanziarie (quindi non, ad esempio, gli immobili) ed escluda gli utili e le plusvalenze delle partecipazioni qualificate o quelli provenienti da società localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata.

La facoltà pare, poi, riguardare solo i redditi percepiti fino alla data della richiesta di ammissione alla procedura. Siccome la richiesta di ammissione di norma è molto precedente al rimpatrio giuridico o materiale delle attività, resterà comunque un periodo scoperto, che richiederà la compilazione del modello Unico, rendendo inutile (anzi, controproducente) lo sforzo di anticipare al 30 settembre 2017 la liquidazione delle imposte dovute per il 2017.

Infine, non è chiaro a cosa si riferisca il legislatore quando parla di applicazione delle sanzioni ridotte in base alla normativa sul ravvedimento oneroso. L’unico caso che viene in mente è quello in cui essendoci stati redditi di fondi comuni d’investimento soggetti a tassazione progressiva nel 2016, il contribuente abbia omesso di adeguare gli acconti Irpef a giugno del 2017. Ma questa interpretazione pare in contrasto con quanto chiarito dalla circolare 42/E del 2016, paragrafo 3.1.2.

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