Sentenza nulla se la motivazione non spiega la decisione del giudice
La motivazione deve essere reputata apparente, con la conseguenza della nullità della sentenza per “error in procedendo”, qualora la stessa, sebbene graficamente sussistente, non consenta di comprendere il fondamento della decisione in quanto recante argomentazioni obiettivamente inidonee a estrinsecare il ragionamento seguito dal giudice nella formazione del proprio convincimento, non essendo possibile lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più difformi e presupposte supposizioni. A tale conclusione è giunta la Corte di cassazione attraverso l’ ordinanza n. 30183/2017 depositata in cancelleria il 15 dicembre 2017.
Una srl proponeva ricorso per Cassazione avverso una sentenza con la quale la Ctr del Lazio, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione notificatole dall’agenzia delle Entrate per imposta di registro, ipotecaria e catastale su un atto di compravendita con il quale la ricorrente aveva acquistato da una società immobiliare un terreno edificabile, al quale l’ufficio resisteva proponendo controricorso.
La Ctr aveva ritenuto, nel dettaglio, che la tesi dell’agenzia delle Entrate, volta a sostenere l’esistenza, in capo alla società acquirente, di un intento elusivo finalizzato al pagamento dell’Iva in luogo dell’imposta di registro, altrimenti dovuta nel caso di acquisto da privato non soggetto Iva, fosse fondata.
Con motivo di ricorso la srl lamentava nullità della sentenza per mancanza di motivazione, ovvero per motivazione meramente apparente. Ciò in quanto la Ctr aveva ritenuto apoditticamente fondata la tesi dell’amministrazione finanziaria, senza farsi carico né delle puntuali considerazioni con le quali il primo Giudice aveva invece escluso, nella specie, un intento elusivo a essa imputabile, né tantomeno delle controdeduzioni dalla stessa opposte all’atto di appello.
Per il collegio di legittimità il ricorso è risultato fondato in quanto, la causa di nullità della sentenza (articolo 360 cpc, comma 1, n. 4) per difetto del requisito essenziale costituito dalla motivazione (articolo 132 cpc, comma 1, n. 4) si riscontra non soltanto in caso di totale assenza “materiale” o “fisica” della motivazione, ma anche allorquando quest’ultima si riveli apparente in quanto apodittica e priva dell’indicazione di qualsivoglia reale vaglio critico in grado di chiarire e sostenere - in fatto e in diritto - la decisione assunta, al punto da precludere l’individuazione della esatta ragione decisoria accolta dal giudice e, al contempo, l’esercizio di qualsivoglia controllo sulla sua correttezza in rapporto alla fattispecie dedotta in giudizio.
Tale premessa, di ordine generale, risulta essere estendibile anche alle sentenze del giudice tributario le quali, per quanto ispirate anch’esse a concisione ed essenzialità (Dlgs n. 546 del 1992, articolo 32, n. 4), devono purtuttavia contenere una sufficiente e chiara esposizione dei motivi in fatto e diritto che sorreggono la decisione.
L’orientamento della Corte di cassazione è consolidato nell’affermare che la motivazione deve considerarsi apparente (con conseguente nullità della sentenza per error in procedendo) quando essa «benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice nella formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cassazione sezioni unite sentenza n. 22232/2016).
Ed è proprio su questo presupposto che i giudici l’hanno ritenuta omessa, in quanto è puramente apparente la motivazione “per relationem” allorquando il richiamo al diverso atto processuale preso a riferimento (come l’atto di impugnazione) sia svolto “mediante mera adesione acritica” e senza indicazione né della tesi in esso sostenuta né delle ragioni della sua condivisione da parte del Giudicante (Cassazione sentenza n. 20648/15).
Analogamente, è stata ritenuta affetta da nullità la sentenza contenente una motivazione che si limiti a dichiarare sufficienti i motivi addotti da una parte e i, non meglio precisati, documenti da questa allegati, «senza riprodurne le parti idonee a giustificare la valutazione espressa, nè indicare la ragione giuridica o fattuale che, come emergente dall’oggetto del rinvio, il giudice abbia ritenuto di condividere» (Cassazione sentenza n. 7402/2017 e Cassazione sentenza n. 2861/2017).
Nel caso di specie è stato connotato quale esempio tipico di motivazione apparente, laddove il giudice di appello - pur dopo aver puntualmente e diffusamente ricostruito il fatto di causa - ha poi sorretto la propria decisione soltanto sulla base del seguente ragionamento: «Il collegio giudicante ritiene che le argomentazioni e le verifiche effettuate dall’ufficio abbiano sufficientemente dimostrato ed accertato che solo una volontà elusiva poteva giustificare questo triplice passaggio di proprietà dei terreni con la finalità di non effettuare il pagamento della giusta percentuale di imposte di registro e di Iva prevista».
Si tratta di affermazione che non danno conto di quali «argomentazioni e verifiche effettuate dall’ufficio» siano state prese in considerazione e ritenute dirimenti ai fini decisori dal giudicante, e nemmeno in quali termini tali «argomentazioni e verifiche» avrebbero comprovato l’effettiva sussistenza sia di un intento elusivo in sé e sia della sua imputabilità alla società contribuente.
La mancata doverosa specificazione di questi elementi essenziali di causa - imprescindibili nella valutazione della corretta riqualificazione dell’atto che l’amministrazione aveva operato Dpr n. 131 del 1986, ex articolo 20, - appare tanto grave da risolversi, non già in una motivazione semplicemente insufficiente e inadeguata (eventualmente rilevante ex articolo 360 cpc, comma 1, n. 5), bensì in una motivazione senz’altro mancante. Tutto ciò è reso ancora più evidente dalla apoditticità dell’argomento secondo cui l’intento elusivo traeva esaustivo sostegno dal “triplice passaggio di proprietà dei terreni”, argomento già disatteso, all’esito di una articolata motivazione, dal giudice di primo grado e, inoltre, fatto oggetto di specifiche critiche da parte della società contribuente in sede di controdeduzioni all’appello dell’amministrazione finanziaria.
Pertanto avrebbero dovuto costituire materia di valutazione e oggetto di motivazione tutti quegli elementi che erano già stati ritenuti dal primo giudice idonei a confutare la prova dell’intento elusivo, così come offerta dall’agenzia delle Entrate a fondamento dell’avviso di liquidazione opposto, elementi che la società contribuente aveva ripreso in appello al fine di contrapporli ai motivi di impugnazione formulati dall’ufficio. Si tratta di aspetti che il primo giudice aveva specificamente considerato e che, il giudice di appello - stante la finalità di “revisione” della prima decisione attribuita dall’ordinamento al giudizio di gravame - avrebbe potuto disattendere (in riforma della prima decisione e nell’ambito dei proposti motivi di impugnazione), dandone però una motivazione circostanziata, reale e critica.
Al contrario, dalla “motivazione” adottata, si evince che il giudice di appello ha infine condiviso la tesi dell’amministrazione finanziaria, ma dalla lettura della sentenza non è possibile comprendere le ragioni di tale condivisione.