Contabilità

Stop al concordato se la procedura non è chiara sui costi

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di Alessandro Galimberti

Non dichiarare i costi e/o gli oneri di scioglimento e/o della prosecuzione dei contratti in corso di esecuzione rappresenta una violazione del consenso informato dei creditori, e pertanto determina la revoca della proposta concordataria.

La Prima civile della Corte di cassazione - sentenza 20719/17 depositata ieri - torna a consolidare il perimetro del concordato (nella versione aggiornata dal decreto legislativo 169/2007) rimettendo al centro della procedura la dichiarazione “informata” di chi vanta diritti di credito sulle sorti dell’azienda in difficoltà.

La questione affrontata dalla Prima partiva in realtà da un quesito distinto, innestato sulle vicende di un concordato curiosamente “ibrido” (definito alternativamente «liquidatorio» ovvero «in continuità» dalla stessa Spa promotrice) che era stato integrato e parzialmente rivisto sulla scorta delle osservazioni dei due commissari giudiziali. Proprio a seguito della riproposizione, però, che prevedeva tra l’altro la precisazione delle classi e la riconciliazione dei saldi, il tribunale competente aveva revocato il concordato e dichiarato contestualmente l’apertura del fallimento, sollevando così le perplessità e il ricorso della società debitrice. Secondo questa versione, i giudici dei due gradi di merito avrebbero omesso di considerare che la modifica del piano era stata “suggerita” dai commissari, e che rappresentava comunque la «evoluzione di un piano economico invariato».

La Cassazione, tuttavia, ha respinto tutte le questioni partendo dal ricorso incidentale del fallimento stesso, che riproponeva le ragioni di fatto ostative della prosecuzione del piano concordatario. In particolare, spiega la Corte, si è dinanzi «all’omissione di informazioni rilevanti per l’espressione di un voto consapevole» e ciò «anche a prescindere dal fatto che simile omissione integri un atto di frode ex articolo 173 della legge fallimentare».

Anche volendo ignorare un credito tributario non segnalato (per 1,64 milioni di euro) e un credito di 100mila euro da declaratoria di nullità di un licenziamento - posta marginale nel contesto di un concordato da 140 milioni - i giudici sottolineano la totale assenza di valutazione e di illustrazione dei costi e degli oneri dei contratti pendenti alla data di affitto di azienda della subentrante, «non prevedendo la proposta ed il piano alcun elenco di quei contratti che a norma dell’articolo 2558 del codice civile sarebbero transitati all’affittuaria». Tanto basta per confermare la correttezza della declaratoria di fallimento correttamente adottata dai tribunali.

Cassazione, I sezione civile, ordinanza 20719 del 4 settembre 2017

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