Adempimenti

Stretta Ue sulle vendite a catena

di Matteo Balzanelli, Massimo Sirri e Riccardo Zavatta

Nelle “vendite a catena”, se chi ritira i beni nello Stato membro del fornitore non è il primo acquirente, ma il cliente di quest’ultimo, la prima vendita è interna allo Stato del fornitore e non è una cessione intracomunitaria. Da ciò, deriva altresì che non è detraibile l’Iva (erroneamente) applicata sulla seconda vendita, quella dal primo cessionario al secondo, nel presupposto (anch’esso erroneo) che si tratti di una vendita interna.

Con la sentenza del 21 febbraio scorso, relativa alla causa C-628/16 (Kreuzmayr), la Corte di giustizia Ue conferma la linea interpretativa in base alla quale l’esenzione spetta solo alla cessione che ha comportato il trasporto intracomunitario. La sentenza risulta particolarmente chiara nel definire le condizioni oggettive di esecuzione dell’operazione, rispetto alle quali le parti sono tenute a vigilare.

Nel caso di specie, un soggetto stabilito e registrato in Germania ha ceduto beni a un soggetto austriaco, il quale si è impegnato al loro trasporto in Austria. Il cessionario, tuttavia, rivende i prodotti a un altro soggetto austriaco concordando il ritiro dei beni da parte di quest’ultimo. Il tutto, senza mettere a conoscenza il primo cedente (tedesco), il quale, nella sostanza, ha qualificato la propria cessione come intracomunitaria, esentandola di conseguenza.

La seconda cessione è stata inizialmente considerata rilevante in Austria, con conseguente applicazione dell’Iva locale, peraltro non dichiarata e tanto meno versata, ma comunque portata in detrazione dal cessionario finale.

In seguito a un controllo fiscale, l’operatore intermedio ha provveduto alla rettifica delle fatture emesse disapplicando l’imposta austriaca, sostenendo che le operazioni erano da considerarsi cessioni intracomunitarie effettuate dalla Germania, senza tuttavia rifondere al proprio cliente gli importi corrispondenti all’Iva “stornata”.

I giudici confermano innanzitutto la linea inaugurata con la sentenza Emag: in caso di due cessioni successive relative agli stessi beni che danno luogo a un’unica spedizione intracomunitaria, l’esenzione spetta solo all’operazione che comporta lo spostamento fisico del bene tra Paesi membri.

Restano escluse da tali considerazioni, ovviamente, le operazioni triangolari, per le quali l’esenzione è accordata a entrambe le operazioni in base a norme di legge (triangolazioni “comunitarie”, dove sono coinvolti tre soggetti di altrettanti Paesi Ue, e triangolari “nazionali”, con primo cedente e promotore It e cessionario finale Ue).

La sentenza in oggetto ha il pregio di far emergere, in modo chiaro e senza possibili fraintendimenti, il criterio oggettivo cui gli operatori devono fare riferimento in caso di operazioni a catena. Quello che conta è il momento in cui il cessionario finale dispone dei beni come proprietario: se ciò avviene prima che sia effettuato il trasporto intracomunitario, la prima cessione è un’operazione interna.

Le conclusioni sono quindi in linea con quelle raggiunte nelle sentenze Euro Tyre e Toridas.

L’ulteriore tassello aggiunto dalla sentenza Kreuzmayr consiste nel fatto che il luogo della seconda cessione, in simili circostanze, non può essere determinato senza considerare gli elementi oggettivi conosciuti dall’operatore intermedio e dal cliente finale e non può quindi dipendere unicamente dalla qualificazione operata dal primo cedente, condizionata peraltro dalle informazioni non corrette fornitegli.

Nel caso di specie, la prima cessione avrebbe dovuto essere considerata come “domestica” (in Germania), mentre la seconda una cessione intracomunitaria veicolata da una posizione Iva accesa dall’operatore intermedio (sempre in Germania).

Ne consegue l’indetraibilità dell’Iva erroneamente addebitata dal secondo operatore. L’imposta, infatti, avrebbe dovuto essere assolta mediante reverse charge, in quanto relativa a un acquisto intracomunitario.

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