Professione

Strumenti finanziari, così il paese Ue blocca la deduzione senza inclusione

di Oliviero Cimaz e Marco Piazza

Fra le norme di contrasto ai disallineamenti da ibridi che entreranno in vigore dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 vi sono quelle che riguardano gli strumenti finanziari (articolo 6, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 142/2018).

Il quadro normativo

Ricordiamo che la disciplina italiana recepisce la direttiva 2016/1164/Ue come integrata dalla direttiva 2017/952/Ue; direttiva a sua volta ispirata all’Action 2 del Progetto Beps, «Neutralising the effects of hybrid mismatch arrangements». Questo documento, insieme con gli atti preparatori della direttiva COM(2016) 687 del 25 ottobre 2016, è indispensabile per poter calare la norma nella casistica concreta.

Analogamendite alle altre azioni del progetto Beps (Base erosion and profit shifting, progetto Ocse che esamina le problematiche dell’evasione fiscale internazionale delle multinazionali), le misure in tema di disallineamento da ibridi intendono contrastare l’erosione delle basi imponibili causate dal differente trattamento tributario della medesima fattispecie nell’ambito di diverse giurisdizioni.

Le due tipologie

Sia pure nella diversità delle molteplici casistiche individuate dall’Ocse, la disciplina dettata al riguardo dalla direttiva e dal decreto risponde principalmente a due diverse tipologie aventi un tratto comune:

i disallineamenti da ibridi in cui un pagamento effettuato sia deducibile in una giurisdizione, ma non sia incluso tra i redditi imponibili dell’entità che riceve il pagamento nell’altra giurisdizione («deduzione senza inclusione» o «D/NI»);

i disallineamenti da ibridi i quali comportano una doppia deduzione dello stesso pagamento in due diverse giurisdizioni («doppia deduzione» o «D/D»).

Nel campo degli strumenti finanziari, il fenomeno che si intende contrastare è l’effetto D/NI che si verifica quando essi siano considerati strumento di debito produttivo di costi deducibili in una giurisdizione (interessi) e strumento di capitale produttivo di redditi non imponibili (dividendi) in un’altra.

In tale situazione, lo Stato del pagatore (B) è tenuto a negare la deducibilità del componente negativo di reddito sostenuto da (B Co), ed in difetto (qualora tale Stato non abbia recepito la disciplina in questione), il beneficiario (A Co) dovrà includere nel proprio reddito imponibile, secondo la disciplina vigente nel proprio Stato, il componente positivo ricevuto («defensive rule»).

I correttivi previsti nel decreto non operano automaticamente in presenza di fattispecie ibride, bensì presuppongono che l’effetto di disallineamento sia causato da una sorta di “intenzionalità” delle parti, e per questo motivo essi intervengono nelle operazioni attuate tra imprese associate, o nell’ambito di «accordi strutturati» intercorsi anche con soggetti terzi (si veda il Sole 24 Ore del 18 settembre 2019).

Le limitazioni

Vi sono tuttavia diverse limitazioni all’operatività della disciplina sugli ibridi, applicabili anche al caso degli strumenti finanziari ibridi. In particolare:

1) la normativa opera solo nell’ambito del reddito d’impresa. Il nostro legislatore peraltro ha scelto di applicarla anche agli imprenditori diversi dai soggetti Ires (persone fisiche, società di persone), nonostante la direttiva abbia un campo di applicazione limitato alle persone giuridiche;

2) inoltre, il campo di applicazione della disciplina in esame è limitato ai casi in cui i disallineamenti derivino da una diversa caratterizzazione fiscale della medesima fattispecie negli ordinamenti coinvolti. Non può essere utilizzata come strumento di contrasto alla mera applicazione di regimi fiscali di favore riconosciuti liberamente e volontariamente da una determinata giurisdizione. Tale limitazione sembrerebbe operare anche con riguardo ai proventi di fonte estera percepiti dai fondi comuni di investimento italiani, in cui il beneficio fiscale della non imponibilità sarebbe imputabile esclusivamente allo status del beneficiario;

3) non si considerano disallineamenti da ibridi le differenze di valorizzazione della stessa componente di reddito, anche per effetto della disciplina dei prezzi di trasferimento;

4) non rilevano le differenze temporanee che emergono dall’applicazione delle regole contabili e fiscali delle differenti giurisdizioni e che prevedono il riconoscimento di componenti positivi o negativi di reddito in un diverso periodo d’imposta (entro una soglia massima data dal periodo che inizia 12 mesi dopo la chiusura del periodo d’imposta del pagatore).

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