Adempimenti

Studi di settore, debuttano i correttivi per il regime per cassa

di Lorenzo Pegorin e Gian Paolo Ranocchi

Correttivi «cassa» per gli studi di settore dei semplificati in Gazzetta Ufficiale. È stato pubblicato il 31 marzo scorso il decreto del 23 marzo scorso che contiene le modifiche da apportare con riferimento ai contribuenti esercenti attività d’impresa in regime di contabilità semplificata agli studi di settore applicabili al periodo d’imposta 2017 (in dichiarazione redditi 2018). Tali correttivi sono stati costruiti con lo scopo di normalizzare il risultato di Gerico, che rimane ancorato a criteri di competenza, con il nuovo regime contabile «di cassa» (articolo 66 del Tuir) applicabile per i contribuenti in semplificata dal periodo d’imposta 2017.

Il decreto contiene altresì alcune modifiche per singoli studi di settore (ad esempio, commercio al dettaglio di abbigliamento e calzature) per tenere conto di diversi effetti territoriali che caratterizzano il risultato stimato da Gerico a seconda del luogo in cui è ubicato l’esercizio dell’attività d’impresa. A questo si aggiunge il consueto correttivo contabile pensato per gli autotrasportatori (studio WG68U) dove si è tenuto conto dell’andamento medio del prezzo relativo al gasolio e alla benzina, con riferimento al 2017.

I correttivi per cassa si applicano solo per i contribuenti in regime d’impresa in contabilità semplificata (non per i professionisti), ad esclusione, però, di quelli che hanno optato per l’applicazione di quanto previsto dal comma 5 dell’articolo 18 del Dpr 600/1973 (regime del registrato ai fini iva). Secondo quanto riferito dalla Nota metodologica allegata al decreto per quest’ultimi soggetti, le elaborazioni effettuate dalla Sose, su un campione significativo di contribuenti, hanno escluso la necessità di apportare modifiche ai risultati derivanti dagli studi di settore. Su questi soggetti, è stato verificato, infatti, che gli esiti contabili derivanti dall’applicazione di tale particolare regime si avvicinano in buona sostanza al risultato che si sarebbe verificato in applicazione del regime di competenza “puro”.

La metodologia applicata per il calcolo dei correttivi per cassa prevede che, gli esercenti attività di impresa in regime di contabilità semplificata dichiarino anche il valore delle esistenze iniziali e delle rimanenze finali di magazzino. Il decreto non lo dice espressamente, ma anche per i contribuenti che hanno optato per l’applicazione del regime del “registrato” (articolo 18, comma 5, del Dpr 600/1973) l’esito finale dello studio di settore dovrà per forza tenere conto del valore delle rimanenze finali (e di quelle inziali).

Sotto il profilo operativo il decreto individua una batteria di 5 correttivi che combinati fra di loro determinano un unico coefficiente che, moltiplicato per il ricavo puntuale di riferimento (e quello minimo ammissibile), esprimono il nuovo valore soglia da porre a confronto con i ricavi dichiarati al fine di valutare la congruità o meno del contribuente. I 5 correttivi studiati riguardano in primo luogo il Correttivo strutturale di «cassa». Si tratta di un correttivo generico utilizzato al fine di uniformare le variabili contabili utilizzate nella stima di Gerico determinate con il regime contabile di «cassa» riconducendole per quanto possibile verso un risultato di «competenza». Il secondo correttivo denominato «vendite B2B» tiene conto della lunghezza dei tempi di pagamento relativi alle vendite con specifici operatori della pubblica amministrazione e delle operazioni con applicazione del regime del reverse charge. Il terzo Correttivo relativo alle «vendite B2PA» monitora i tempi di pagamento per le cessioni effettuate in generale con i soggetti «pubbliche amministrazioni».

Infine ci sono i correttivi settoriali che tengono conto della durata media dei crediti e dei debiti specifica del singolo modello organizzativo (cluster) di riferimento e i correttivi territoriali che partendo sempre della durata media dei crediti e dei debiti, diversifica l’esito finale del correttivo a seconda del luogo di riferimento in cui viene esercitata l’attività. A questo si aggiunge uno specifico correttivo individuato per normalizzare l’esito degli indici di coerenza.

La sensazione, analizzando le note metodologiche, è che gli studi di settore non possano fare altro che adeguarsi alla “contorsione” di un regime fiscale ibrido applicabile ad un gran numero di partite Iva, lontano anni luce dal concetto di “semplificazione”. E ora, ad ogni buon conto, si tratta di vedere all’opera Gerico per toccare con mano l’effetto che fa.

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