Imposte

Su iper e superammortamento il rebus dei limiti

di Giorgio Gavelli

Proroga per un altro anno alle condizioni attuali, ma con la previsione di un credito d'imposta aggiuntivo per le imprese che realizzano progetti ambientali che includono beni strumentali nuovi. L'attuale disegno di legge all'esame del Parlamento declina in questo modo una parte delle politiche a favore delle imprese. In proposito sono due le osservazioni che si possono fare: la politica degli investimenti necessita di un maggiore orizzonte temporale (almeno triennale) per potersi dispiegare con efficacia; non si può che auspicare che il cammino parlamentare della Manovra possa portare ad una estensione degli anni a disposizione per fruire di questi incentivi, rendendo possibile per le imprese una programmazione ordinaria (e non “a singhiozzo”) degli investimenti.

La prima questione, comune ad entrambe le misure sebbene in modo differente, riguarda i limiti massimi agli incentivi, introdotti con la legge 145/2018. Non è stato mai chiarito, infatti, quale tra i diversi meccanismi possibili (si veda «Il Sole-24 Ore» del 1°maggio scorso) di funzionamento degli scaglioni dell'iperammortamento sia quello applicabile, il che non può che costituire un freno agli investimenti. Le imprese, infatti, sanno che il beneficio si applica in queste misure:

170% per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro;

100% per gli investimenti oltre 2,5 milioni e fino a 10 milioni ;

50% per gli investimenti oltre 10 milioni e fino a 20 milioni;

zero sulla parte di investimenti complessivi eccedente il limite di 20 milioni.

Non è dato sapere, però, se e come “splittare” gli investimenti sui vari scaglioni. Analogo dubbio, anche se con minor impatto, si ha con il tetto dei 2,5 milioni che limita il superammortamento, in base all'articolo 1, comma 1, del Dl 34/2019.

Altra questione interpretativa che riguarda entrambe le misure è costituita dalla valenza degli acconti in chiave pluriennale. Ogni nuovo provvedimento ha concesso sei mesi in più agli investitori in ipotesi di superammortamento - e 12 mesi in più in ipotesi di iperammortamento - alla duplice condizione che, entro il termine del periodo d'imposta precedente, l'ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti (o di un maxicanone) in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione.

In questi anni, in particolare nell'ambito dei beni iperammortizzabili (ma non solo) si è assistito a casi in cui i beni “prenotati” con tali metodologie non sono stati consegnati l'anno dopo ma, a causa di diverse motivazioni (ritardi di produzione, modifiche costruttive, eccetera) nell'anno ancora successivo e quindi, in presenza di una norma differente (ma con identica stesura).

Si pensi, ad esempio, a un bene consegnato nel 2019 a fronte di un ordine firmato (con versamento di regolare acconto del 20%) a dicembre 2017. Una lettura del tutto condivisibile delle norme porta a ritenere comunque agevolabile l'investimento (e con le regole proprie dell'anno in cui è stato versato l'acconto), sia perché il legislatore richiede che i due adempimenti siano compiuti «entro il» e non «a partire da» una certa data, sia perché, in buona sostanza, l'investimento previsto è stato posto in essere quando la legge prevedeva il beneficio, e sarebbe inaccettabile disconoscerlo basandosi sul fatto che non si è in presenza di mere norme di proroga ma di nuove disposizioni (al massimo si potrà disquisire se le regole applicabili siano, invece, quelle dell'anno di avvenuta consegna).

Di certo, tuttavia, anche in questo caso, il silenzio non aiuta chi investe e ha bisogno di certezze. Certezze che, del resto, non sono mai arrivate su una delle modifiche introdotte all'iperammortamento dall'articolo 7 del Dl 87/2018. In base a tale norma l'impresa perde (e deve riversare) il vantaggio fiscale realizzato con l'iperammortamento se nel corso del periodo di fruizione il cespite agevolato viene destinato a strutture produttive situate all'estero (comma 2), ma ciò non avviene (comma 4) «nei casi in cui i beni agevolati siano per loro stessa natura destinati all'utilizzo in più sedi produttive e, pertanto, possano essere oggetto di temporaneo utilizzo anche fuori del territorio dello Stato». Sarebbe utile riempire di significato questo (di per sé sfuggente) concetto prima che vi supplisca la fantasia degli organi verificatori.

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