Imposte

Sui big del web i Paesi Ue procedono in modo unilaterale

di Alessandro Galimberti

In attesa che l’Europa adotti una soluzione omogenea per i 27 (o 28) Paesi in materia di tasse sui servizi digitali (obiettivo sempre più lontano), o meglio ancora che l’Ocse fissi parametri globali (ma non prima del 2022), l’Italia non è l’unico stato membro ad aver adottato «misure unilaterali» sostitutive.

In Francia il 6 marzo scorso il governo ha presentato una proposta di legge sulla tassazione digitale (Dst, ora la vaglio dell’Assemblea nazionale) ispirata al progetto - per ora abbandonato - della Commissione europea. L’imposta, che si applicherà retroattivamente dal 1° gennaio 2019, colpirà società residenti e non residenti con un fatturato globale superiore a 750 milioni di euro e domestico superiore a 25 milioni; base imponibile è il fatturato dalla pubblicità online, dalla vendita di dati personali per scopi pubblicitari e dalla intermediazione di piattaforme online peer-to-peer. Esclusi invece le vendite online di beni o servizi (inclusi video on demand o musica su richiesta), i servizi di pagamento o di posta elettronica, i servizi finanziari regolamentati e vendite di dati personali non ottenuti tramite Internet. Il fatturato sarà calcolato utilizzando un coefficiente di presenza digitale basato sulla percentuale di utenti francesi. L’aliquota è del 3%, l’imposta sarà deducibile dall’eventuale base imponibile dell'imposta sul reddito delle società francesi. Molto simile al progetto francese è quello tedesco, anche nelle aliquote.

Anche in Spagna la Dst ha l’aliquota del 3% sui ricavi, e si applica a soggetti con entrate globali di 750 milioni/anno e ricavi nel Paese iberico di 3 milioni/anno. Come nella Dst italiana, la localizzazione dell’operazione imponibile è legata a protocolli internet (l’indirizzo IP) del dispositivo o a qualsiasi altro metodo di geolocalizzazione.

Nella Gran Bretagna della Brexit sempre più enigmatica , il governo a fine 2018 ha annunciato l’avvio di una tassa sui servizi digitali a partire da aprile 2020, con aliquota del 2% sul fatturato locale delle imprese digitali che derivano profitto dal valore significativo dalla partecipazione dei loro utenti».

Fuori dalle big five continentali, l’Ungheria applica dal 1° luglio 2017 una tassa per la pubblicità “digitale” (ma solo se in lingua nazionale) con un’aliquota compresa tra il 5,3% e il 7,5 per cento.

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