Controlli e liti

Sull’imposta di registro va attenuato il contenzioso

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di Marco Cerrato e Michele Toccaceli

Negli ultimi anni la Corte di cassazione ha sistematicamente confermato le contestazioni fondate sulla riqualificazione come cessione di azienda, ai fini dell’imposta di registro, delle operazioni di conferimento di aziende seguite dalla cessione dei titoli partecipativi.

Tali approdi giurisprudenziali si fondano su letture diverse dell’articolo 20 del Dpr 131/1986 , ai sensi del quale «l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente». Secondo una tesi più risalente tale norma avrebbe una «funzione antielusiva» (Cassazione 5877/2014), mentre l’orientamento più recente esclude siffatta funzione e valorizza, ai fini dell’imposizione indiretta, la rilevanza della «causa reale» e degli «effetti oggettivamente raggiunti» degli atti posti in essere dai contribuenti (Cassazione 11874/2017).

Entrambe le tesi fanno regredire a un mero elemento di contorno il primario parametro valutativo richiamato dall’articolo 20, ossia gli effetti giuridici concretamente prodotti dalle operazioni in esame (ben diversi da quelli che si producono in caso di cessione di azienda).

La dottrina unanime e gran parte della giurisprudenza di merito hanno, da sempre, criticato la prassi accertativa dell’agenzia delle Entrate trovando ascolto in una sentenza di legittimità di inizio 2017, secondo cui l’articolo 20 non consentirebbe «l’artificiosa costruzione di una fattispecie imponibile diversa da quella voluta e comportante differenti effetti giuridici» (Cassazione 2054/2017). Tale pronuncia è stata però successivamente bollata dalla stessa Corte di cassazione come un «isolato approdo giurisprudenziale» (Cassazione 11874/2017).

In questo contesto, una svolta potrebbe derivare dall’articolo 13 della Legge di bilancio che propone una riformulazione dell’articolo 20. In particolare, secondo il testo risultante dalle modifiche, ogni atto presentato per la registrazione va assoggettato all’imposta «sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati».

Dalla relazione illustrativa si evince che l’iniziativa legislativa è volta proprio a dirimere i dubbi interpretativi sorti in merito alla portata applicativa dell’articolo 20; in essa viene inoltre precisato che eventuali vantaggi fiscali indebitamente conseguiti potranno essere disconosciuti tramite la disciplina generale antiabuso di cui all’articolo 10-bis della legge 212/2000.

La proposta in esame va salutata con favore in quanto mira a risolvere per via legislativa un contrasto interpretativo e una situazione di incertezza dovuta anche alla chiara legittimità delle operazioni in esame ai fini reddituali (articolo 176 del Tuir). La funzione sostanzialmente interpretativa della norma, suggerita dalla relazione illustrativa, è suscettibile di esplicare significativi effetti sul rilevante contenzioso tuttora pendente in materia.

Resta fermo che, indipendentemente dall’esito dell’iter parlamentare dell’articolo 13 della Legge di bilancio, la giurisprudenza di legittimità dovrebbe limitarsi a contestare tramite l’articolo 20 operazioni che producano i medesimi effetti giuridici di una cessione d’azienda, come ad esempio nel caso di vendite in successione e tra gli stessi soggetti di singoli beni che unitariamente considerati costituiscono un’azienda, salvaguardando però la legittimità di operazioni genuine nelle quali la parte acquirente miri effettivamente a divenire proprietaria non già di un’azienda, ma di una società. Tale interpretazione si fonderebbe sulla decisività degli «effetti giuridici» concretamente prodotti dagli atti realizzati dai contribuenti e sarebbe aderente al dettato normativo del vigente articolo 20, oltre che all’evoluzione storico-legislativa che portò all’introduzione di tale disposizione.

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