Professione

Sulle società tra professionisti c’è un disallineamento tra norme civili e fiscali

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di Paola Bonsignore e Pierpaolo Ceroli

Nuovo cambio di rotta per l’esercizio di attività professionali “protette” in forma societaria. Il ministero dello Sviluppo economico con parere n. 415099 del 23 dicembre scorso (si veda Il Quotidiano del Fisco di ieri) ha negato alle società (nello specifico Srl odontoiatrica) che non siano «società tra professionisti» di svolgere attività per il cui esercizio è necessario essere iscritti a un albo o elenco ordinaristico in quanto, ai sensi delle disposizioni di cui alla legge 183/2011 e del Dm 34/2013, vige l’esclusività dell’oggetto sociale.
I professionisti, quindi, se da un lato hanno avuta riconosciuta la possibilità di costituire delle società, sia di persone che di capitali, per svolgere l’attività professionale “protetta” (legge 183/2011 e Dm 34/2013), dall’altro hanno dei limiti in merito all’oggetto sociale e il trattamento fiscale del reddito prodotto in forma societaria che, salvo alcuni casi, prevede la rilevanza della forma sulla sostanza.
Da un punto di vista civilistico, la richiamata legge impone che le società tra professionisti non solo debbano riportare nella ragione sociale la sigla “stp” ma, soprattutto, limita l’attività che la stessa società può svolgere, circoscrivendola all’esclusivo esercizio di una o più attività professionali per le quali è obbligatoria l’iscrizione a un albo o elenco regolamentato da un ordine. Indirettamente, quindi, viene negata qualunque natura commerciale alla società costituita, di conseguenza i professionisti potranno esercitare la professione adottando i modelli societari di cui ai titoli V e VI del Libro V del Codice civile, ma una società commerciale non sembrerebbe poter svolgere anche un’attività cosiddetta “protetta” se non per realizzare e gestire i beni strumentali di cui il medico/avvocato/commercialista potrebbe aver bisogno nell’esercizio della sua professione (così come chiarito nel parere del Mise).
Tale limitazione sembrerebbe trarre origine dalla necessità di esaltare l’”intuitus personae” nei rapporti tra clienti e professionisti, dando maggiore peso all’attività svolta piuttosto che alla forma giuridica adottata, anche se nei rapporti con i terzi il soggetto che si assumerà onori ed oneri sarà la società e non il singolo professionista, ragione per cui è richiesta l’iscrizione all’albo professionale del soggetto giuridico e l’intestazione dell’eventuale assicurazione professionale.
Se da un punto di vista civilistico è possibile evidenziare la prevalenza della sostanza sulla forma in quanto la società esercente attività professionale non può svolgere attività commerciale, altrettanto non si può affermare per quanto riguarda il trattamento fiscale del reddito prodotto nella forma societaria.
Sul punto si sono susseguite diverse interpretazioni sia della dottrina (circolare 34/2013 Ircndcec, Doc. 9/01/12 Comitato unitario permanente degli ordini e collegi professionali) che della stessa agenzia delle Entrate (Ris. n. 56/E/2006, Ris. 118/E/2003, Ris. n. 23/E/2016) che in un primo momento ritenevano che l’attività professionale esercitata in forma societaria generasse reddito di lavoro autonomo poi è stato cambiato orientamento riportandolo nell’alveo del reddito d’impresa ad eccezione delle società tra avvocati.
Per queste ultime, infatti, la risoluzione 118/E/2003 richiamando la relazione governativa del Dlgs 96/2001 chiarisce che nonostante la norma faccia riferimento alle norme che regolano le Snc non implica la qualificazione della società tra avvocati come società commerciale… e che l’esclusione della società tra avvocati dal fallimento «conferma la specificità del tipo e la natura non commerciale dell’attività svolta».
Per le altre professioni, invece, l’unica giustificazione al trattamento differente può essere ricercato nell’assenza di chiarimenti normativi e quindi l’applicazione tout court delle disposizioni di cui agli articoli 6 ed 81 Tuir i quali contengono una presunzione di commercialità dell’attività svolta in forma societaria, infatti prevedono che il reddito prodotto, prescindendo dall’oggetto sociale, sia reddito d’impresa.

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