TELEFISCO Credito d’imposta fino a 500mila euro per le Pmi che si quotano in Borsa
Se volessimo trovare un filo conduttore nella recente attività legislativa, dovremo considerare l'incentivazione alla capitalizzazione delle imprese. Anche in occasione della legge di Bilancio 2018 (legge 205/2017), il legislatore ha infatti colto l’opportunità di introdurre un’agevolazione per incoraggiare il ricorso al capitale di rischio, prevedendo al comma 89 un credito d’imposta per le imprese che intendono quotarsi in borsa.
Per le specifiche modalità attuative si deve attendere un decreto del Mise che dovrà essere emanato, di concerto con il Mef, entro il 1° maggio 2018 (120 giorni dall’entrata in vigore della Legge); tuttavia, dal testo normativo è possibile individuarne i punti salienti.
I destinatari
Innanzitutto, i destinatari sono le piccole e medie imprese che intraprendono il percorso per la quotazione successivamente al 1° gennaio 2018. Per la definizione di Pmi, però, non si deve far riferimento al Codice civile, ma alla raccomandazione 2003/361/CE, secondo cui nella categoria si ricomprendono le imprese:
• con meno di 250 dipendenti;
• con fatturato non superiore a 50 milioni di euro o totale di bilancio annuo non eccedente i 43 milioni di euro.
Il mercato su cui quotarsi può essere uno regolamentato oppure un sistema multilaterale di negoziazione di un Paese Ue o appartenente allo Spazio economico europeo (See).
L’agevolazione
L’agevolazione consiste in un credito di imposta pari al 50% dei costi di consulenza sostenuti dal 1° gennaio 2018 fino al 31 dicembre 2020, per un importo massimo di 500.000 euro (è fissato comunque un limite di 80 milioni di euro alle agevolazioni concesse).
Il credito è riconosciuto solo nel caso in cui la società ottenga l’ammissione alla quotazione. Deve essere utilizzato esclusivamente in compensazione a partire dal periodo di imposta successivo a quello in cui si è ammessi ai mercati, fino all’esercizio in cui si conclude l’utilizzo.
Questo credito non concorre al limite di 250.000 euro, previsto per le compensazioni dei crediti di imposta derivanti da agevolazioni fiscali, e a quello di 700.000 euro, relativo alle compensazioni nel modello F24. Anche ai fini del calcolo delle imposte, il comma 90 sancisce alcune agevolazioni, infatti il credito non concorre alla formazione del reddito e dell’Irap, né tantomeno rileva ai fini di quanto disposto dal Tuir in materia di deducibilità degli interessi passivi e dei componenti negativi.
Ai fini del monitoraggio, il credito dovrà essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di formazione e nelle successive fino a suo esaurimento.
I costi agevolabili
In merito ai costi per i quali spetta l’agevolazione, il comma 89 fa un generico riferimento a quelli di consulenza, si auspica che nel prossimo decreto vengano meglio inquadrate le spese per le quali è possibile fruire del “credito quotazione”. Un punto di partenza è dato certamente dall’articolo 18 del Regolamento UE n. 651/2014, secondo cui «i costi ammissibili corrispondono ai costi dei servizi di consulenza prestati da consulenti esterni … ed esulano dai costi di esercizio ordinari dell’impresa».
Pertanto, tenendo presente che l’entità e la tipologia dei costi variano a seconda del mercato al quale ci si intende quotare, tra quelli agevolabili vi rientrano sicuramente le spese sostenute per la valutazione preliminare del progetto, le quali si ritiene non godranno del credito in caso di esito negativo, e quelle relative all’intero iter.
Sono agevolabili, quindi, i costi sostenuti per lo Sponsor e il Nomad (Nominated advisor) che si occupa della due diligence, ma anche per la società di revisione, incaricata di attestare i dati di bilancio e la documentazione necessaria alla quotazione, così come quelli sostenuti per altri specifici advisor legali e fiscali.