Terzo settore, la modalità di emissione per i titoli di solidarietà resta da chiarire
La proroga della riforma del Terzo settore (si veda il Sole 24 ore del 18 e 20 luglio), ora all’esame della Camera, potrebbe offrire l’occasione per chiarire direttamente a livello normativo o interpretativo alcuni aspetti da cui dipende il trattamento fiscale da indicarsi al momento dell’emissione dei cosiddetti titoli di solidarietà introdotti dall’articolo 77 del Dlgs 3 luglio 2017, n 117.
In sintesi, viene previsto che, al fine di favorire il finanziamento e il sostegno delle attività svolte dagli enti del Terzo settore, gli istituti di credito possono emettere specifici «titoli di solidarietà» non soggetti a commissioni di collocamento. Questi titoli sono obbligazioni o altri titoli di debito non subordinati, non convertibili e non scambiabili o certificati di deposito. Hanno durata non inferiore a 36 mesi, se obbligazioni, o 12 mesi, se certificati di deposito.
Tralasciando il comma 5 che introduce la fruizione di un credito d’imposta per l’emittente che erogasse liberalità a favore del terzo settore, è di rilievo il comma 6: qui viene previsto che gli emittenti «devono destinare una somma pari all’intera raccolta effettuata attraverso l’emissione di titoli ad impieghi a favore degli enti del terzo settore». Questo imporrebbe ad una prima lettura che se, ad esempio, viene raccolto 1.000, altrettanto debba essere impiegato sul terzo settore. Peraltro, lo stesso comma 6 afferma che la banca deve attenersi «ad una sana e prudente gestione», il che sminuirebbe apparentemente l’obbligo del pari impiego della raccolta. Ovviamente, la banca dovrà essere in grado di documentare questa circostanza. C’è, per altro verso, da chiedersi se il legislatore non intendesse così porre le basi per una sorta di patrimonio separato, secondo le previsioni dell’articolo 2447 bis Cc, con tutti i conseguenti aspetti civilistico/fiscali, circostanza che tuttavia non risulta dal testo vigente.
Il chiarimento sull’esatta interpretazione del comma 6 è fondamentale per stabilire, ai sensi del successivo comma 7, la spettanza o meno delle agevolazioni fiscali scaturenti dalla detenzione da parte dell’investitore di titoli di solidarietà. Agevolazioni così riassumibili: a) applicazione dell’aliquota del 12,50 % in luogo dell’ordinario 26% sui redditi di capitale e diversi dagli stessi prodotti; b) irrilenza dei titoli ai fini Ace per il sottoscrittore impresa; c) irrilevanza ai fini dell’attivo ereditario; d) non computabilità ai fini dell’imposta di bollo sul deposito titolo (cosiddetta minipatrimoniale) . Sul piano operativo è evidente che questi titoli dovrebbero essere adeguatamente codificati per distinguerli dalle altre emissioni ordinarie dell’istituto di credito.
È palese che queste circostanze devono essere note a tutti gli operatori ed investitori sin dal momento di emissione del titolo, in una logica di buona gestione, quando le condizioni di mercato lo consentono e non, come potrebbe far ipotizzare la norma, se ed in quanto vi fosse già una richiesta di finanziamento. Detto altrimenti, le caratteristiche fiscali agevolate dovrebbero comunque ritenersi spettanti, e perciò attestate, sin dall’inizio dall’emittente nella misura in cui lo stesso dichiarasse che l’ammontare raccolto verrà impiegato nella misura massima purché rispettoso dei criteri di sana e prudente gestione.