Fusione semplificata di associazioni e fondazioni
Il Consiglio notarile di Firenze offre un'interpretazione metodologica e operativa nell'applicazione delle esenzioni della fusione semplificata delle associazioni e delle fondazioni non di partecipazione
Il Consiglio notarile di Firenze, con lo Studio n. 77/2020-I rubricato «Fusione e scissione di associazioni riconosciute e fondazioni», ha elaborato alcune riflessioni metodologiche e interpretative sul tema del processo di fusione semplificata di associazioni e fondazioni.
La fusione semplificata rappresenta una fattispecie di fusione disciplinata dall'articolo 2505 del Codice civile, la quale prevede la possibilità di predisporre un iter ridotto per la sua realizzazione nel caso di una forward merger in cui la società incorporante possieda già tutte le azioni dell'incorporata.
L’articolo 2505 del Codice civile consente l’esonero all’interno del progetto di fusione dalla determinazione del rapporto di cambio delle azioni o quote risultanti dall’operazione, dalle modalità di assegnazione delle stesse e dalla data a partire dalla quale partecipano agli utili. La realizzazione della fusione semplificata esonera altresì dalla redazione della Relazione degli amministratori e della Relazione degli esperti, rispettivamente ex 2501-quinquies e 2501-sexies del Codice civile.
A tal riguardo, lo Studio n. 77/2202-I del Consiglio nazionale del notariato si è occupato di fornire un’interpretazione metodologica e operativa nell’applicazione delle esenzioni della fusione semplificata agli enti del Libro primo del Codice civile, con particolare riguardo alle associazioni riconosciute e non. Lo Studio in parola si è dedicato altresì alla determinazione dei quorum necessari alle operazioni di fusione, riconoscendone pertanto la natura di fenomeno modificativo-evolutivo e non estintivo-successorio.
Applicabilità della fusione semplificata
La possibilità per le associazioni riconosciute e non riconosciute e per le fondazioni di operare fusioni o scissioni è condizionata dalla legge alla circostanza che ciò non sia «espressamente escluso dall’atto costitutivo o dallo statuto». L’articolo 42-bis del Codice civile afferma l’applicabilità, nei limiti della compatibilità, delle regole che disciplinano la fusione e la scissione societarie con particolare riferimento alle diverse fasi del relativo procedimento agli enti del Libro primo. Infatti, l’attuale integrale richiamo del nuovo art. 42-bis del Codice civile alle «disposizioni di cui alle sezioni II e III del capo X, titolo V, libro V, in quanto compatibili» rende evidente che nelle fusioni e nelle scissioni fra enti del Libro primo sarà necessario, in linea di principio, redigere il relativo progetto, predisporre la consueta documentazione informativa e stipulare l’atto di fusione o di scissione previo decorso del termine per l’opposizione dei creditori sociali. Lo Studio del notariato, esaminando le semplificazioni disposte dall’articolo 2505 del Codice civile, afferma che nelle fusioni e scissioni fra enti del Libro primo non sembra potersi porre un problema di determinazione e stima del rapporto di cambio, perché la partecipazione all’ente risultante dall’operazione non comporta di regola l’attribuzione di diritti patrimoniali differenziati, basati sul concetto di quota di partecipazione. Per il notariato, la mancanza di un rapporto di cambio nel caso di specie determina pertanto l’inapplicabilità e il conseguente esonero delle disposizioni di cui agli articoli 2501-ter, primo comma, n. 3), 4) 5), e 2501-sexies del Codice civile.Per quanto attiene alla relazione degli amministratori, stando alla lettera dell’art. 2501-quinquies del Codice civile, l’omissione della relazione in questione nell’incorporazione di società interamente posseduta dall’incorporante, anche per gli aspetti che esulano dal rapporto di cambio, è probabilmente ascrivibile alla considerazione che siffatta operazione è caratterizzata dall’assenza di conflitti d’interesse, in quanto la società incorporata è sostanzialmente priva di soci diversi da quelli dell’incorporante ed è già, dal punto di vista economico, facente parte a pieno titolo della struttura dell’incorporante, ancorché dal punto di vista formale, ne rimanga distinta fino all’attuazione della fusione. Secondo lo Studio n. 77/2020-I del Consiglio notarile di Firenze, non è riscontrabile la medesima configurazione nella fusione fra due associazioni o fra due fondazioni in cui sussistono, pur sempre distinte, compagini sociali o distinti centri di interesse, in relazione ai quali è ragionevole supporre che l’esposizione delle ragioni giustificatrici dell’operazione, mediante la relazione di cui all’art. 2501-quinquies del Codice civile, possa ritenersi necessaria, salvo rinuncia unanime.
Peraltro, deve evidenziarsi che, nelle società, la legittimazione attiva a siffatta rinuncia compete ai soci, essendo questi ultimi destinatari della relazione in esame. Non v’è dubbio che, similmente, nelle associazioni la legittimazione alla menzionata rinunzia competa agli associati, in quanto essi sono i componenti dell’organo assembleare che è chiamato a deliberare l’operazione in modo del tutto simile a quanto avviene nelle società. Meno agevole è comprendere a chi spetti il potere di rinunciare alla relazione di cui trattasi nelle fondazioni, nelle quali, peraltro, normalmente manca un organo assembleare. A tale riguardo deve ritenersi che nelle fondazioni il diritto di ricevere l’informativa contenuta nella relazione in questione e la conseguente facoltà di rinuncia alla stessa competano ai componenti dell’organo statutariamente legittimato a deliberare sull’operazione proposta. Laddove questo sia costituito da un «organo assembleare o di indirizzo, comunque denominato» ai sensi dell’articolo 25, primo comma, lettera h), e terzo comma del Codice del terzo settore saranno i componenti di quest’ultimo a poter rinunziare alla redazione del documento informativo di cui trattasi. Ove invece la competenza deliberativa in base allo statuto spetti all’organo amministrativo, non sarà possibile applicare l’articolo 2501-septies del Codice civile nella parte in cui esso dispone che la menzionata relazione debba restare depositata in copia nella sede degli enti partecipanti alla fusione o alla scissione, durante i trenta giorni che precedono la relativa decisione.
Quorum deliberativi
Nelle associazioni, la fusione o la scissione sarà deliberata dall’assemblea, come del resto espressamente dispone l’articolo 25 lettera h) del Codice del terzo settore, con le maggioranze previste dalla legge o dallo statuto per le modificazioni statutarie. Nelle associazioni riconosciute dovrà, pertanto, trovare applicazione l’articolo 21, comma 2, del Codice civile in base al quale «per modificare l’atto costitutivo e lo statuto, se in essi non è altrimenti disposto, occorrono la presenza di almeno tre quarti degli associati e il voto favorevole della maggioranza dei presenti». Non risulta, invece, applicabile nel caso di specie il terzo comma del medesimo articolo, secondo cui «per deliberare lo scioglimento dell’associazione e la devoluzione del patrimonio occorre il voto favorevole di almeno tre quarti degli associati», considerato che, secondo l’opinione preferibile, la fusione e la scissione costituiscono fenomeni meramente modificativi e non traslativi e/o estintivi. Ciò posto, occorre verificare se l’affermazione del principio maggioritario possa trovare applicazione anche in ipotesi di fusione che comporti una trasformazione di associazione in fondazione non di partecipazione, come accade nel caso dell’incorporazione di un’associazione in una fondazione nella quale il patrimonio è definitivo e la gestione spetta in via esclusiva all’organo amministrativo.
In questo caso l’operazione determina, in tutto o in parte, la perdita della qualità di associato, in quanto la fondazione, di regola, non è caratterizzata dalla presenza di un organo assembleare, il quale è per l’appunto diretto ad esprimere collegialmente le determinazioni degli associati stessi. Ci si deve chiedere, dunque, se a tal fine è richiesto il consenso unanime di tutti gli associati facenti parte dell’associazione incorporata. Nondimeno i principi sottesi al sistema normativo sembrano indicare che anche in tal caso debba prevalere la volontà della maggioranza. In questo senso depongono: - la generale valenza del principio maggioritario nei quorum deliberativi di cui all’articolo 21 del Codice civile, che sembra applicabile a qualsiasi modifica statutaria;
O la circostanza che si tratta di un’operazione posta in essere nell’ambito di organizzazioni no-profit, ove i principi solidaristici appaiono prevalenti rispetto a quelli diretti alla tutela di posizioni individuali degli associati;
O la circostanza che l’artiolo 25, lettera h), del Codice del terzo settore attribuisca la competenza a deliberare qualsiasi tipo di fusione o scissione, senza eccezione alcuna, all’assemblea, che costituisce un organo tendenzialmente dominato dal principio maggioritario.
Sotto altro profilo, tuttavia, appare ragionevole ritenere che la fusione o la scissione comportanti anche una trasformazione di associazione in fondazione non di partecipazione sia assoggettata, relativamente all’associazione incorporata, al quorum previsto per lo scioglimento dell’associazione e la devoluzione del patrimonio, che nelle associazioni riconosciute è costituito – ex articolo 21, comma 3, del Codice civile – dal voto favorevole di almeno tre quarti degli associati.
Non si intende, in tal modo, negare il menzionato principio secondo cui la fusione o la scissione costituisce una mera modificazione dell’ente e non il suo scioglimento con devoluzione del patrimonio all’ente risultante dalla trasformazione, ma non pare potersi dubitare che, dal punto di vista sostanziale, la fusione o la scissione comportanti anche una trasformazione di associazione in fondazione non di partecipazione determinano una sorta di etero destinazione del patrimonio associativo rispetto alla compagine degli associati.
Pur non potendo vantare diritti sul patrimonio dell’associazione laddove abbia uno scopo altruistico – come disciplinato dall’articolo 24, ultimo comma, del Codice civile – a seguito della trasformazione in esame, gli associati subiscono oltretutto la privazione di ogni forma di controllo, diretto o indiretto, sulla gestione del patrimonio dell’ente.
Il notariato, pertanto, con un intervento di interpretazione dottrinale, conclude il percorso logico suesposto confermando l’applicazione delle maggioranze disposte per lo scioglimento di associazione esclusivamente alla fusione per incorporazione in una fondazione non di partecipazione. Dispone che: «non v’è chi non veda come siffatto fenomeno appaia sotto tale profilo analogo, anche se non identico, a quello conseguente alla devoluzione del patrimonio di cui all’articolo 21, comma 3, del Codice civile».
Competenza all’organo amministrativo
È possibile valutare se possano essere ritenuti applicabili al caso di specie i commi 2 e successivi dell’articolo 2505 del Codice civile relativi alla possibilità che l’operazione sia deliberata dall’organo amministrativo, derogando la competenza esclusiva dell’organo assembleare delle associazioni e delle fondazioni di partecipazione in caso di espressa e specifica previsione statutaria ai sensi dell’articolo 25, comma 2, del Codice del terzo settore.
Il Consiglio notarile di Firenze nello Studio n. 77/2020-I esprime la non applicabilità, affermando che «la scelta del legislatore incorporata nella disposizione di cui al secondo comma dell’articolo 2505 del Codice civile è pur sempre espressione di un’eccezione in senso tecnico rispetto ai principi generali in materia di procedimento di fusione, onde deve ritenersi che non sia possibile alcuna interpretazione analogica al riguardo con riferimento alle associazioni per il solo fatto che, analogamente alla incorporazione di società interamente posseduta, manchi nella specie un rapporto di cambio in senso tecnico».
Considerazioni di tipo diverso devono, invece, essere effettuate per quanto riguarda le fondazioni non di partecipazione, per loro natura sprovviste di organo assembleare munito di competenze decisorie sulla fusione o sulla scissione, nelle quali la decisione inerente all’operazione compete di default agli amministratori e sempreché l’operazione non si ponga in contrasto con la volontà del fondatore.
L’affidamento nelle fondazioni di tale incombenza ad un organo di tipo assembleare rappresenta, infatti, una mera eventualità derivante da una specifica previsione statutaria, caratteristica delle fondazioni di partecipazione, come si desume dall’articolo 25, ultimo comma, del Codice del terzo settore.
Questo articolo fa parte del Modulo24 Operazioni Straordinarie del Gruppo 24 Ore.
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