Imposte

Minimum tax Ue dal 2024 ma resta la partita «digital»

Pubblicata sulla Gazzetta Ue la direttiva che va recepita entro il 31 dicembre 2023. Se l’Ocse non si sblocca la Commissione a giugno proporrà la web tax europea

di Alessandro Galimberti

Con la pubblicazione della Direttiva (Ue) 2022/2523 sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 22 dicembre scorso inizia l’ultimo miglio della Minimum tax continentale.

La norma-guida anti elusione obbliga i 27 ad adottare le leggi di recepimento entro la fine del 2023 e a partire con la nuova tassa al più tardi dal 1° gennaio 2024.

La minimum tax dell’Unione è la versione locale della Global minimum tax, progettata e poi annunciata dall’Ocse nell’ottobre del 2021, salutata da grande consenso internazionale (139 giurisdizioni formalmente aderenti) ma da allora ferma ai box della diplomazia internazionale e dei “distinguo” sulla tassazione delle big-tech (Pillar One) vero epicentro del contendere. La nuova tassa continentale prevede in sostanza che la capogruppo o una sua intermediata deve farsi carico della ripartizione o comunque delle compensazioni dell’imposta minima tra le diverse giurisdizioni interessate, mediante un sistema di reporting sovranazionale ormai sufficientemente omologato e collaudato: ciò che importa all’Unione è che non ci siano più alterazioni del mercato originate da dumping fiscale.

Il “vestito” della minimum tax è tagliato su misura delle big-tech, che pure non rientrano direttamente nel Secondo Pilastro. Pertanto la soglia per applicare l’imposta alle multinazionali presenti nell’Ue (ma anche alle grandi aziende “mono”nazionali) è di 750 milioni di euro di fatturato globale, se raggiunto almeno due volte negli ultimi quattro anni. Questa asticella però non vale per tutti i contesti: i piccoli mercati, dove la divisione locale del gruppo non raggiunge i 10 milioni di fatturato o 1 milione di reddito, non vedranno applicata l’imposta comunitaria. Anche le multinazionali “start-up” che si trovano cioè «nella fase iniziale della loro attività internazionale» possono essere escluse dall’applicazione delle regole per un periodo transitorio di cinque anni. Non solo. Gli Stati in cui hanno sede pochissimi gruppi multinazionali possono scegliere di non recepire del tutto la minimum tax per un «periodo limitato di tempo» ma dovranno notificarlo alla Commissione Ue entro la fine del 2023. Restano poi escluse dal raggio della Gmte il trasporto marittimo (merci, passeggeri, vendita e affitto di navi, attività di servizio collegate, etc) gli enti statali, le organizzazioni internazionali, le organizzazioni senza scopo di lucro, i fondi pensione e i fondi d’investimento. Le sanzioni per le multinazionali renitenti saranno stabilite con leggi statali, ma dovranno essere «effettive, proporzionate e dissuasive»

Fuori dalla minimum tax europea resta anche la digital tax. Formalmente perché quest’ultima fa parte dell'altro pilastro (il Pillar One), di fatto perché qui è il vero terreno di attrito tra Europa e Usa. Alcuni paesi Ue, tra cui l’Italia, di fronte ai ritardi dell’Ocse hanno nel tempo avviato digital tax nazionali, a cui gli Usa avevano subito reagito mettendo sotto procedimento (cioè dazi pesanti) gli avanguardisti della tassa contro i big-tech. Dallo scorso anno la disputa è congelata con un’intesa chiara: ci si conformerà tutti alle regole Ocse (Pillar One) quando arriveranno, e in quella sede chi ha già incamerato le web tax nazionali (in Italia il gettito del primo anno è stato di circa 233 milioni, un terzo della stima) vedrà se c'è da integrare, o da restituire, alle over-the-top. La direttiva Ue, memore dei delicati equilibri ma non disposta a soprassedere sul diritto a esigere la tassa digitale, prende tempo fino al prossimo giugno per valutare i progressi dell’ Ocse. In caso di perdurante impasse, l’Unione europea si riserva di proporre una propria soluzione legislativa.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©