Contabilità

A Milano 25 miliardi di debiti concorsuali per crisi «ritardate»

di Alessandro Galimberti

Venticinque miliardi di euro di massa debitoria, di cui 17 espressione del solo periodo 2010-15. Se il tribunale di Milano è una cartina tornasole per le procedure concorsuali - e lo è, visto che rappresenta il 10% del “mercato” nazionale del settore - c’è solo da augurarsi che la riforma R ordorf, approvata alla Camera e ora al vaglio del Senato, arrivi presto al traguardo (da lì il governo avrà 12 mesi per i decreti delegati). Una riforma che «può piacere o meno, ma certo ha una sua coerenza, una sua origine “europea” (direttiva insolvency) e trova semmai difficoltà nella second chance per il fallitoprevista proprio dalla direttiva» ha esordito Bruno Inzitari alla giornata di studio promossa ieri dall’Associazione concorsualisti di Milano. L’armonizzazione europea è un target della riforma - alla vigilia dell’entrata in vigore, il 26 giugno prossimo del nuovo Regolamento 848/2015 - considerato che i dati parlano di realtà molto diverse - ha spiegato Giorgio Corno - dove i tassi di recupero delle procedure variano tra 30% (Romania e Croazia) e 90% (Belgio e Finlandia), con l’Italia a metà strada. Differenze enormi anche nella durata delle procedure, che variano da un anno a 10 anni (e qui l’Italia è nella parte bassa del ranking). Un caso di insolvenza su quattro, inoltre, è transfrontaliero, secondo i dati del World Banking Doing Business 2016.

Secondo Alberto Fontana, sostituto procuratore a Piacenza con lunghi trascorsi alla fallimentare di Milano, «la deregulation dell’ultimo quinquiennio (concordati in bianco, ndr) ha solo favorito i più scaltri. Oggi la stragrande maggioranza dei fallimenti non soddisfa i chirografari, cioè fornitori e banche fuori dal mutuo ipotecario, ma anche erario e fisco». Nei concordati preventivi, ha aggiunto Fontana, «le percentuali di recupero sono bassissime, con tassi tra 6 e 8 % di soddisfazione. Quindi l’impatto su questi soggetti è devastante». Il motivo? «Analizzando i bilanci delle società fallite o in concordato, si sarebbe dovuto andare in concordato quattro o cinque anni prima: questo è il nodo. La nuova procedura di alert prevista dalla riforma può essere un buon punto di ripartenza, anche se non privo di criticità».

Ma sulla necessità di continue riforme l’accordo non è totale. Per Alberto Franzone, Managing Director – Alvarez & Marsal, «le leggi ci sono già ma non vengono applicate. Basterebbe cacciare i sindaci inadempienti, tenuti per legge a “valutare le poste di bilancio per garantire la continuità aziendale”, cosa che finora non è stata fatta».

Anche il punto di vista delle banche è articolato. Per Tiziano Piemontesi - Unicredit - «nelle procedure d’allerta è importante capire cosa fare: risolvere solo finanziariamente è profondamente sbagliato, di sola finanza si muore, serve invece una manovra industriale per far vivere, o rivivere, l’impresa. Le crisi vanno affrontate in anticipo, e in molti casi la responsabilità del ritardo è ascrivibile all’imprenditore stesso». Piccolo inciso: erario ed enti previdenziali sono in credito, solo a Milano, per 9,58 miliardi. Forse coinvolgerli nelle procedure di alert, come fa la riforma Rordorf, è davvero opportuno.

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