Controlli e liti

Ampliati i reati presupposto contro le frodi Iva intra-Ue

di Riccardo Borsari

La legge di delegazione europea 2018, recentemente approvata, demanda al Governo l’attuazione, tra le altre, della direttiva (Eu) 2017/1371 (“direttiva Pif”), che sancisce l’ennesimo ampliamento del catalogo dei reati-presupposto del Dlgs 231/01 alle fattispecie per la tutela degli interessi finanziari dell’Ue.

L’oggetto principale del nuovo intervento legislativo è indubbiamente rappresentato dai «reati gravi contro il sistema comune dell’Iva», definiti come azioni od omissioni di carattere intenzionale che comportano un danno complessivo pari ad almeno dieci milioni di euro e che sono connesse al territorio di due o più Stati membri. L’intervento innovativo del Governo in sede di esecuzione della delega avrà quindi ad oggetto, verosimilmente, l’introduzione di reati tributari del Dlgs 74/00 in materia di Iva. Si pensi, a mero titolo esemplificativo, ai delitti contemplati dagli articolo 2 (“Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”) e 3 (“Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”). D’altro canto, poiché la legge di delegazione, nell’attenersi al dettato della direttiva Pif, circoscrive l’ampliamento del Dlgs 231/2001 ad alcune tipologie di condotte, il Governo non dovrebbe estendere la responsabilità degli enti all’infuori di queste, sicché solo un successivo intervento parlamentare consentirà l’inserimento “in blocco” delle fattispecie di cui al Dlgs 74/00 nel decreto 231.

L’attuazione della delega rischia perciò di deludere le aspettative di quanti in dottrina e giurisprudenza da tempo chiedono l’introduzione nel catalogo delle fattispecie-presupposto dei reati tributari tout court, così da potenziare la risposta all’evasione fiscale e rimediare a talune applicazioni troppo estensive della disciplina del decreto 231 (per esempio, in materia di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e relativa confisca). A ciò si aggiunga, inoltre, che, come osservato da alcuni, il circoscrivere l’alveo di punibilità ai soli reati aventi ad oggetto l’Iva e non le imposte sui redditi darebbe luogo a una disparità di trattamento dalla dubbia legittimità costituzionale. Pertanto, non è da escludere che il prossimo provvedimento funga solo da “apripista” per un secondo ben più incisivo.

Il recepimento della direttiva riguarda anche le sanzioni pecuniarie e interdittive irrogabili (articolo 9), in larga parte coincidenti con quelle attualmente contenute nel Dlgs 231, che dovranno essere «effettive, proporzionate e dissuasive». L’estensione ai reati tributari delle ipotesi di responsabilità per gli enti, siano essi considerati destinatari delle sanzioni o semplicemente obbligati solidali con l’autore persona fisica, riapre nuovamente il dibattito in ordine al doppio binario sanzionatorio, al divieto di bis in idem e al rispetto del principio di proporzionalità. In tale ambito, infatti, sono già previste aspre sanzioni amministrative pecuniarie – indirizzate tanto alle società e agli enti privi di personalità giuridica (si veda l’articolo 11 del Dlgs 472/97), quanto alle persone giuridiche (si veda l’articolo 7 del Dl 269/03, convertito in legge 326/03) – per gli illeciti perpetrati da dipendenti, rappresentanti o amministratori; sanzioni che si andranno a sommare a quelle pecuniarie che colpiranno l’ente ex Dlgs 231 e a quelle penali previste dal Dlgs 74/00 per le persone fisiche che hanno agito al suo interno.

Al medesimo riguardo, non può infine trascurarsi l’impatto, potenzialmente devastante per la vita dell’ente, delle future sanzioni interdittive, che nel sistema 231 possono essere applicate anche cautelarmente, prima dell’emissione della sentenza.

Basti pensare, per limitarsi alle ipotesi più spinose, all’interdizione all’esercizio di un’attività commerciale, all’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria, ai provvedimenti giudiziari di scioglimento o alla chiusura degli stabilimenti.

In conclusione, il quadro si presenta composito e le imprese – se vorranno mettersi a riparo dalle possibili conseguenze di eventuali illeciti – sono chiamate ad adeguare al più presto i propri Modelli organizzativi.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©