Appello nel processo tributario, deposito più semplice
Nel processo tributario è ammissibile l’appello inviato per posta anche se nella costituzione in giudizio è depositata la ricevuta di ritorno e non di spedizione; ma ciò solo se nel documento depositato la data sia “certificata” dall’agente postale. In ogni caso, l’eventuale vizio può ritenersi sanato se il ricevimento del plico è avvenuto entro il termine di impugnazione. Ad affermare questi principi sono le sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza numero 13452 depositata ieri.
Il dubbio traeva origine dall’interpretazione dell’articolo 53 del Dlgs 546/92, che disciplina le regole per la proposizione dell’appello attraverso il servizio postale. In particolare, rinviando a quanto previsto per il ricorso introduttivo, occorre depositare, a pena di inammissibilità, entro 30 giorni dalla notifica dell’atto, la fotocopia della ricevuta della spedizione della raccomandata.
Nella prassi si verificava di frequente, soprattutto quando l’impugnazione era proposta dall’Agenzia, che tale ricevuta di spedizione non venisse depositata con la conseguenza, che stando al tenore testuale della norma, l’appello doveva ritenersi inammissibile.
Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità aveva formato due contrastanti orientamenti, tanto che la decisione era stata affidata all’alto consenso con due analoghe ordinanze (n. 18000 e 18001 del 2017).
La questione riguardava, in estrema sintesi, la valenza probatoria della ricevuta di ritorno, ossia se poteva ritenersi surrogabile di quella di spedizione con riferimento alla data in cui il ricorso/appello è stato spedito. L’indicazione di tale data assolve infatti ad una duplice funzione di controllo:
l’osservanza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso o dell’appello, onde evitare il passaggio in giudicato della sentenza impugnata;
la tempestiva costituzione in giudizio del ricorrente/appellante, mediante deposito di copia dell’atto alla segreteria della commissione entro 30 giorni dalla spedizione alla parte.
Le sezioni unite della Cassazione hanno rilevato che la ricevuta di ritorno ha alcune parti che vanno compilate a cura del mittente tra cui il giorno di spedizione.
Queste informazioni però potrebbero anche essere riportate meccanograficamente dall’ufficio postale incaricato, con la conseguenza che godrebbero di fede privilegiata perché attesterebbero inequivocabilmente la data di spedizione.
È stato così conclusivamente affermato che nel processo tributario, non costituisce motivo di inammissibilità del ricorso o dell’appello notificato a mezzo posta, il deposito della ricevuta di ritorno in luogo di quella di spedizione, se riporta la data asseverata dall’ufficio postale stampata meccanograficamente o con proprio timbro datario. Solo così, infatti, l’avviso di ricevimento può surrogare la ricevuta di spedizione, potendo assolvere la stessa funzione probatoria.
Ove invece la data di spedizione sulla ricevuta di ritorno sia scritta manualmente o comunemente dattiloscritta a cura del mittente, la prova, ai fini della tempestività della notifica, può essere superata unicamente se la ricezione è avvenuta entro la scadenza per impugnare. In altre parole, l’omesso deposito del bollettino di spedizione può ritenersi sanato se il destinatario ha ricevuto il plico entro il termine per l’impugnazione.
Da segnalare poi un altro principio contenuto nella sentenza: nel processo tributario il termine di 30 giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente e dell’appellante, che si avvalga per la notificazione del servizio postale, decorre non dalla data della spedizione diretta del ricorso a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario o dall’evento che la legge considera equipollente alla ricezione.
Va da sé che entrambe le questioni potranno ritenersi definitivamente risolte con l’entrata in vigore a regime del processo tributario telematico.
Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 13452 del 29 maggio 2017