Imposte

Cessione d’azienda, nell’imponibile i debiti che riguardano l’attività

Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n.539 dell’11 gennaio

di Angelo Busani

Nel caso di cessione di un'azienda, mentre le passività aziendali, inerenti all'esercizio dell'attività di impresa, trasferite al cessionario, devono essere scomputate dal calcolo della base imponibile, gli accolli di debiti diversi da quelli inerenti all'esercizio dell'attività di impresa devono essere, invece, inseriti nella determinazione della base imponibile cui applicare l'imposta di registro.
Lo ha deciso la Cassazione nell'ordinanza n. 539 dell'11 gennaio 2022, che è utile per fare il punto della situazione nella complicata (e controversa) materia della determinazione del valore imponibile dell'azienda che sia oggetto di un contratto di compravendita. La difficoltà di questa problematica è provocata da una pluralità di fattori:

- anzitutto, il fatto che la deducibilità delle passività dall'attivo aziendale è contemplata in una norma (l'articolo 51, comma 4, Dpr 131/1986, il Tur, testo unico dell'imposta di registro) che propriamente attiene non alla determinazione della base imponibile bensì al comportamento che l'Amministrazione deve seguire nel determinare il valore di un'azienda (e che però indubbiamente riverbera i suoi effetti più in generale nella questione di determinare il valore tassabile);

-  il fatto che il predetto articolo 51, comma 4, Tur, sancisce che il valore dell'azienda si ottiene sottraendo le passività inerenti al perimetro aziendale dal valore dell'attivo trasferito;

- il fatto che l'articolo 43, comma 3, Tur, impone di considerare in aumento della base imponibile i debiti che un acquirente si accolli.Vi è infine da non cadere nell'equivoco (che spesso invero si verifica e che quindi contamina il ragionamento) inerente alla considerazione delle passività inerenti all'azienda cedute come oggetto di “accollo” da parte del soggetto cessionario.

Invero, l'azienda è un'entità che, per sua stessa natura, è caratterizzata da una singolare compresenza di poste attive e passive, il che differenzia l'azienda da qualsiasi altro bene (fatta eccezione per l'eredità, che è un'altra situazione in cui debiti e crediti coesistono e vengono trasmessi con un flusso unitario).

Non esistono infatti altri beni o diritti il cui trasferimento provoca il contestuale trasferimento di posizioni debitorie.

Ora, l'equivoco in cui non cadere è che i debiti inerenti all'azienda, qualsiasi sia il formulario utilizzato nel contratto, non sono tecnicamente oggetto di “accollo” da parte del cessionario, in quanto costui ne diviene responsabile per il fatto di acquisire l'azienda come complesso formato da diritti e obblighi. Quindi, le passività aziendali si deducono dall'attivo aziendale (articolo 51, comma 4, Tur) e non certo di sommano a esso (come conseguirebbe da una lettura asettica dell'articolo 43, comma 3, Tur).

E' chiaro però che se l'acquirente di un'azienda accetta di farsi carico di debiti del cedente che non siano parte del compendio aziendale trasferito (ad esempio, perché estinti in coincidenza con la stipula del contratto di cessione d'azienda o perché non pertinenti all'azienda ma alla persona del soggetto cedente), allora si ha un accollo il cui valore aumenta la base imponibile da sottoporre a tassazione.

E così:

- se il valore dell'attivo aziendale oggetto di cessione è di 900 e nell'azienda sussistono passività per 300, il valore imponibile si determina in 600 (sempre che sia pattuito un prezzo di 600 o inferiore, in quanto se sia pattuito un prezzo più elevato è tale prezzo più elevato a costituire la base imponibile);

- se sia pattuito che il prezzo dell'azienda - pari alla somma algebrica delle attività (900) e delle passività (100) trasferite al cessionario) è di 800 e che l'acquirente pure si accolli il debito del venditore (non compreso nel perimetro dell'azienda trasferita) verso alcune banche per 300, la base imponibile è evidentemente di (800 + 300 =) 1.100.

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