Imposte

Cfc: il controllo passa anche per gli utili

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di Michele Brusaterra


Per l’applicazione delle norme sulle Cfc, è sufficiente che la controllata subisca una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta se residente in Italia e, congiuntamente, abbia conseguito proventi derivanti, per oltre un terzo, da passive income o da operazioni, con soggetti del gruppo, con valore economico aggiunto scarso o nullo.

Il Dlgs 142/2018, in recepimento della Direttiva ATAD, ha modificato in modo sensibile la disciplina delle controlled foreign companies (Cfc), contenuta all’interno dell’articolo 167 del Tuir.

Proprio in tema di identificazione della controllata che rientra nell’ambito di applicazione della norma in commento, si considerano ora controllate non solo le entità estere di cui si detenga, anche per mezzo di società fiduciarie o persone interposte, la maggioranza dei diritti di voto in assemblea ordinaria, ma anche quella in cui si detenga una partecipazione agli utili di oltre il 50 per cento, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate in base all’articolo 2359 del codice civile o tramite società fiduciaria o interposta persona.

Il nuovo articolo 167 del Dpr 917/1986 prevede, inoltre, che le disposizioni Cfc operino al ricorrere congiuntamente delle seguenti condizioni:
-assoggettamento dei soggetti controllati non residenti a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti se residenti in Italia, e
-conseguimento, da parte dei soggetti controllati esteri, di proventi derivanti per oltre un terzo da passive income o da operazioni di gruppo con valore economico aggiunto scarso o nullo.

Facendo presente che è sufficiente la presenza di anche uno soltanto dei proventi, il decreto individua le seguenti tipologie di passive income: gli interessi e gli altri redditi generati da attivi finanziari, i canoni e gli altri redditi generati da proprietà intellettuale, i dividendi e i redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni, i redditi da leasing finanziario e i redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie.

Inoltre, come già detto, rientrano tra l’elenco di proventi che fanno scattare le norme in questione, quelli provenienti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti del gruppo; e quelli derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate sempre a favore di soggetti del gruppo.

A fronte dei nuovi presupposti che comportano l’applicazione della disciplina Cfc, il nuovo articolo 167 stabilisce che tale particolare regime non si applica nei casi in cui il soggetto controllato non residente svolge un’attività economica sostanziale mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali. La sussistenza di tale esimente può essere dimostrata attraverso la presentazione di un interpello, il quale è facoltativo e non riveste carattere obbligatorio.

La nuova esimente prevista dal decreto che recepisce la direttiva ATAD va a sostituire le previgenti cause esimenti differenziate in funzione della natura della Cfc, rappresentate dall’effettivo svolgimento di un’attività industriale o commerciale nello Stato di insediamento, cosiddetta prima esimente, ovvero la mancata localizzazione del reddito in Stati black list, cosiddetta seconda esimente, alle quali si aggiungeva, per le «Cfc non black list», la dimostrazione che l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale.

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