Imposte

CIRCOLARI 24/Poste in valuta con disallineamento tra bilanci e fisco

di Michele Brusaterra


Per le partite in valuta estera, da un punto di vista fiscale non assume valore l’utile o la perdita su cambi civile, stimata alla data di fine esercizio.

Quella che riguarda gli utili e le perdite su cambi è probabilmente una delle norme fiscali di più complessa gestione pratica.

Partendo dalla norma civile, l’articolo 2426, n. 8-bis del codice civile, stabilisce che per ogni singola posta sorta in valuta nel corso dell’esercizio e che a fine dell’esercizio stesso risulta ancora aperta, si deve provvedere a una valutazione a tale ultima data.

Per entrare subito nella questione, si supponga che nel corso dell’esercizio «N» un’impresa abbia contratto un debito di 100 dollari. Ipotizzando, per comodità, un valore di cambio euro/dollaro pari 1 a 1, al momento della insorgenza, il debito risulta essere di euro 100.

Se tale debito è ancora presente a fine esercizio, scatta la norma civile di cui si è detto ed esso va valutato a tale data, facendo riferimento al cambio a pronti alla fine stessa dell’esercizio.

Se attraverso l’utilizzo del cambio a fine esercizio il debito risultasse essere, per esempio, pari a euro 90, l’azienda deve rilevare in bilancio un utile su cambi, ancorché non realizzato, di 10 euro.

Da un punto di vista fiscale, l’articolo 110, comma 3 del Dpr 917/1986 prescrive, senza nessun coordinamento pratico con la norma civile, che la valutazione dei crediti e dei debiti in valuta, secondo il cambio alla data di chiusura dell’esercizio, non assume rilevanza ai fini fiscali. Ne scaturisce che, a livello pratico, le imprese devono tenere memoria del valore delle poste in valuta al cambio in cui sono sorte, cosiddetto valore nominale al cambio storico.

È nell’esercizio in cui le poste in valuta sono estinte che, infatti, sempre secondo le regole fiscali, che non state «neutralizzate» dalla derivazione rafforzata, si devono tassare o dedurre, rispettivamente, gli utili e le perdite su cambi effettivamente realizzati, derivanti dal confronto delle poste convertite in euro con il cambio esistente al momento in cui sono sorte, e le stesse convertite in euro con il cambio esistente al momento in cui vengono estinte.

Riprendendo l’esempio di cui sopra, nell’esercizio in cui viene rilevato civilisticamente l’utile «presunto» su cambi di 10 euro, da un punto di vista fiscale si deve tenere conto che tale utile non rileva ponendo in essere, quindi, una variazione in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi.

Tale operazione va ripetuta, naturalmente, ogni 31.12 in cui la posta risulta essere presente in bilancio. Supponendo, però, per semplicità, che l’estinzione del debito di cui all’esempio avvenga nell’esercizio successivo e che a tale data esso «valga» 75 euro, da un punto di vista civile si avrà un ulteriore utile su cambi, questa volta realizzato, di euro 15 (90-75).

Da un punto di vista fiscale, però, essendo rilevante la valutazione con il cambio in cui la «partita» è sorta, ossia euro 100 nell’esempio, è dal confronto di quest’ultimo valore con il valore scaturente dall’applicazione del cambio esistente al momento della sua estinzione, euro 75, che scaturirà il risultato, ossia l’utile o la perdita su cambi, rilevante fiscalmente.

Nell’esempio, quindi, mentre nell’esercizio in cui viene estinto il debito sorto in valuta, da un punto di vista civilistico si rileva un utile su cambi di 15 euro, da un punto di vista fiscale si dovrà provvedere a una variazione in aumento di 10 euro perché solo 15 euro sono contabilizzati a livello civile nell’esercizio di estinzione del debito stesso.

Per ulteriori approfondimenti vai alla sezione «Circolari 24» del Quotidiano del Fisco

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©