Con l’accordo sconto sull’Iva
La legge di bilancio 2017 (legge 232/2016) dà una nuova struttura alla
Nel 2010 il Dl 78 aveva stabilito un preciso limite alla proposta di transazione fiscale, prevedendo solo la dilazione, e non la falcidia, dei crediti dello Stato per Iva e ritenute operate e non versate, nel presupposto che essi fossero risorse proprie della Ue. L’orientamento di legittimità è apparso per anni granitico nel sostenere la natura sostanziale della deroga alla gerarchia delle prelazioni così introdotta, che troverebbe quindi applicazione generalizzata ed indipendente dall’introduzione del sub procedimento, solo eventuale, della transazione fiscale. Un orientamento che si consolida a partire dalle “sentenze gemelle” della Cassazione (le n. 22931 e 22932 del 2011) e a cui si allinea la Corte costituzionale, con la sentenza n. 225/2014. Dopo la sentenza della Corte Ue 546-2014, le ragioni a supporto dell’intangibilità sembrano reggere meno: nel concordato preventivo la rinuncia alla pretesa da parte dello Stato non appare generalizzata, ma rispondente a criteri rigorosi di tutela dei crediti, soprattutto privilegiati. Tali ragioni hanno poi ceduto di schianto con la sentenza della Cassazione n. 26888/2016.
In questo contesto, il nuovo testo dell’articolo 182-ter della Legge fallimentare opera un deciso cambio di rotta. Se prima la transazione fiscale comportava ipso iure l’infalcidiabilità del debito per Iva e ritenute, ora solo l’apertura del relativo sub-procedimento potrà consentirvi l’accesso. Prevede il nuovo primo comma che il debitore, solo con proposta presentata ai sensi dell’articolo 182-ter, possa chiedere il pagamento parziale o dilazionato di tributi e accessori amministrati dalle agenzie fiscali.
Il limite alla misura del sacrificio da parte dello Stato creditore è duplice e coerente con l’assetto generale dell’articolo 160, comma 2, della Legge fallimentare. Da un lato, la misura del credito soddisfatto non può essere inferiore all’importo realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, dalla cessione dei beni o diritti su cui insiste la causa di prelazione. Dall’altro lato si conferma che il trattamento della quota di credito privilegiato non può essere diverso, per misura di soddisfazione, tempi di pagamento e garanzie, agli altri crediti di pari rango. Se, invece, il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, la proposta concordataria non ne può prevedere un trattamento peggiore degli altri. E in caso di suddivisione in classi è richiesto un allineamento con coloro cui è offerto un trattamento più favorevole. Infine, si introduce l’obbligo, nella prassi già sperimentato, di collocare in apposita classe l’eventuale importo del credito privilegiato degradato a chirografo per effetto della falcidia subita.
È un quadro che tra novità e conferme diviene più omogeneo, ripristina la par condicio e la stabilità della disciplina, eliminando auspichiamo quelle pericolose incertezze nella progettazione dei piani dovute ai vari orientamenti dei Tribunali, prima più o meno allineati alla Cassazione. Nonostante le limitazioni subite col Dl 83/2015, tale novità non potrà che portare nuova linfa ai piani concordatari, che troppo spesso con la precedente interpretazione trovavano un limite insuperabile.
Solo nella disciplina della composizione delle crisi da sovraindebitamento l’integrità del debito per Iva e ritenute resiste: non viene toccato l’articolo 7, comma 1, della legge 3/2012, che continua a prevedere la falcidia dei crediti tributari privilegiati, tranne le risorse proprie dell’Ue.