Imposte

Con l’ennesimo restyling dell’Ace perdono le startup

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di Luca Gaiani

L’Ace perde appeal, ma non per tutti. Con l’approvazione definitiva della manovrina (Dl 50/2017) , si chiarisce la disciplina dell’Ace per il 2017, che dovrà applicarsi già nel versamento dell’acconto di fine mese. Le regole restano quelle del 2016, salvo il coefficiente da applicare per determinare la deduzione che scende all’1,6% per il 2017 e all’1,5% a partire dal 2018.
L’eliminazione del meccanismo di calcolo quinquennale previsto dalla versione originaria del decreto legge ha messo tutti d’accordo a motivo delle notevoli complessità di calcolo che esso presentava, mentre con riferimento all’impatto delle novità sulla misura dell’incentivo vi sono vinti e vincitori.
Vincitori sono, in primo luogo, tutte le imprese che hanno realizzato importanti incrementi patrimoniali netti nei primi esercizi di efficacia dell’agevolazione (2011 e 2012), a cui hanno fatto seguito ricapitalizzazioni scarse o nulle. Queste società, con il meccanismo quinquennale (che considerava rilevanti solo gli incrementi degli ultimi cinque esercizi), avrebbero visto azzerarsi o quasi la base Ace, mentre con le regole introdotte dalla versione finale esse continuano ad applicare il rendimento nozionale (seppur drasticamente ridotto all’1,6%) a tutti gli incrementi, compresi quelli remoti.
Chi perde dalla versione definitiva della manovrina sono invece le startup o in genere tutti coloro che stanno ricapitalizzando negli anni più recenti e contano di farlo ancora negli esercizi a venire. Con il meccanismo quinquennale, infatti, queste imprese, da un lato non avevano penalizzazioni quanto alla base Ace (o, se le avevano, erano in grado di contrastarle con gli incrementi a venire) e dall’altro potevano sfruttare il più elevato coefficiente di rendimento a fronte degli apporti di capitale fatti nel 2017 o in anni successivi.
Il vecchio meccanismo, ripristinato dalla legge di conversione del Dl 50, premia invece in modo uniforme gli incrementi a prescindere dal periodo in cui sono stati realizzate e finisce indirettamente per penalizzare chi aumenta progressivamente gli apporti di capitale.
Esce perdente dalla conversione in legge della manovrina anche chi, nel biennio 2011-2012, aveva distribuito ingenti riserve ai soci generando un decremento netto che andava a erodere – fino ad annullarli – gli incrementi di patrimonio realizzati in esercizi successivi. Tornando a rilevare anche gli anni più remoti, il decremento rivive e l’Ace di queste imprese resta sottozero.
Che si perda o che si guadagni, un auspicio viene da tutti i contribuenti ed è che le regole dell’Ace, come pure quelle di ogni altra norma tributaria, si stabilizzino per qualche anno e siano accompagnate da istruzioni chiare ed affidabili. Come quelle, che ancora mancano, circa il coordinamento dell’Ace con i nuovi principi contabili OIC 2016. L’art. 13-bis del Dl 244/16 aveva previsto l’emanazione di un Dm entro il 30 aprile scorso, ma di questo provvedimento sino ad oggi non si è vista traccia.

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