Concordato preventivo, dilazione breve anche per i crediti fiscali
Nel concordato preventivo con continuità aziendale i crediti fiscali privilegiati (sostanzialmente tutti) non possono essere pagati con una dilazione superiore a un anno dall’omologazione: è quanto sostengono alcuni tribunali, tra i quali quello di Roma ; ciò sul presupposto che una maggior dilazione violerebbe l’articolo 186-bis, comma 2, lettera c), della legge fallimentare, che limita a un anno, in assenza del consenso del creditore a derogare tale termine di pagamento, la possibilità di moratoria dei crediti privilegiati.
Si tratta tuttavia di una tesi non condivisibile, disattesa da altri giudici, per due ordini di motivi: uno derivante dalla disciplina del concordato preventivo nel suo complesso e l’altro discendente specificamente dalle norme fiscali-fallimentari.
Quanto al primo, come ha affermato la Cassazione già con le sentenze 9 maggio 2014, n. 10112 e 26 settembre 2014, n. 20388, il pagamento con dilazione superiore a quella “ordinaria” di un anno equivale a una soddisfazione non integrale del credito, per effetto della perdita che in tale caso viene subita dai creditori privilegiati, a causa del ritardo con cui il pagamento in loro favore ha luogo; dal che discende, non la inammissibilità tout court della proposta di concordato che prevede tale maggior dilazione, ma la necessità di trattare crediti come quelli privilegiati non integralmente soddisfatti e quindi di prevedere, anche relativamente a essi, la redazione della relazione giurata stabilita dall’articolo 160, comma 2 della legge fallimentare, e il diritto al voto. In effetti, se l’articolo 160 consente una riduzione “quantitativa” della soddisfazione da offrire ai creditori privilegiati, allo stesso modo ne dovrebbe essere consentita la soddisfazione integrale, benché con una dilazione maggiore di quella “ordinaria”, considerata la equiparabilità delle due situazioni sul piano economico (incassare integralmente un credito di 100 tra due anni equivale a incassarlo oggi nella misura, ad esempio, di 95).
Indipendentemente da questo motivo, l’articolo 182-ter della legge fallimentare consente espressamente la dilazione di pagamento, senza limitazioni temporali, di tutti i crediti fiscali mediante ricorso da parte del debitore all’istituto della transazione fiscale. Questa norma ha natura speciale e dovrebbe essere letta, oltre che come diretta previsione della ammissibilità di una maggior dilazione, rispetto a quella di un anno, dei crediti fiscali , come conferma indiretta della maggior dilazionabilità anche degli altri crediti privilegiati. Ciò che in ogni caso non può discendere da tale norma, atteso il suo chiaro contenuto, è la necessità di un patto con il Fisco anteriore alla presentazione della domanda di concordato, al fine di dilazionare i crediti fiscali oltre un anno dall’omologazione. Infatti l’unico istituto attraverso il quale l’amministrazione finanziaria può concedere una dilazione di pagamento nell’ambito di un concordato è quello della transazione fiscale, votando in favore della relativa proposta nell’adunanza dei creditori; ne consegue che il consenso del Fisco segue inevitabilmente l’ammissione dell’impresa debitrice al concordato e non può precederla divenendone uno dei presupposti. Richiedere che tale patto sia anteriore alla domanda di concordato significa operare come se l’articolo 182-ter non esistesse.