Concordato preventivo, il Tribunale può bloccare i contratti di anticipazione bancaria
L’imprenditore che accede al concordato preventivo può ottenere la sospensione o lo scioglimento dai contratti di anticipazione bancaria, qualora il Tribunale valuti la funzionalità e coerenza di tale richiesta con gli obiettivi del piano che si va proponendo. Questa facoltà, ribadita in una sentenza del luglio scorso dalla sezione III civile del Tribunale di Perugia ( clicca qui per consultarla ), è ormai presente nel nostro ordinamento da alcuni anni grazie all’introduzione dell’articolo 169-bis della legge fallimentare.
In passato non sono mancate disquisizioni dottrinali e taluni distinguo giurisprudenziali, in parte ripresi dai magistrati umbri, che con la sentenza in commento hanno ribadito la possibilità di accedere alla strada aperta dall’articolo 169-bis della legge fallimentare anche nella fase di concordato “in bianco”. Ciò implica però che i giudici chiamati a pronunciarsi su istanze di sospensione o scioglimento durante il periodo prenotativo siano forniti perlomeno di una prospettazione, da parte del debitore, dei flussi di cassa che si prevedono funzionali al piano, al fine di dare un supporto ed una legittimazione argomentativa a tali richieste.
Inoltre, il Tribunale di Perugia - in linea con la giurisprudenza, sul punto, prevalente - sottolinea come l’articolo 169-bis della legge fallimentare escluda esplicitamente dal suo ambito di intervento taluni contratti che hanno tutele specifiche, aprendo per tutti gli altri non esplicitamente esclusi, ivi compresi quelli di anticipazione bancaria, la possibilità di sospensione o scioglimento, anche nel caso in cui la banca abbia già erogato l’anticipazione e non sia ancora maturata, al momento dell’avvio della Procedura, la scadenza per l’incasso del credito anticipato dall’istituto.
Questo è possibile per la specifica natura delle anticipazioni bancarie ed in genere dei contratti autoliquidanti, differenti dalle cessioni di credito: nel primo caso, vi è un mandato all’incasso che implica l’obbligo del debitore di restituire a scadenza la somma anticipata dalla banca, nel secondo vi è un trasferimento all’istituto finanziario della titolarità del credito, che pone tali cessioni fuori dal perimetro dell’articolo 169-bis della legge fallimentare, che regola i contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti. Dunque le cessioni perfezionate prima della domanda di concordato – argomentano i giudici perugini – sono validamente opponibili alla Procedura da parte del cessionario-banca, che alla scadenza avrà titolo per incamerare il corrispettivo e ridurre la propria esposizione.
Quindi l’impresa che si accinge a presentare una domanda di concordato preventivo avrà a disposizione un potenziale polmone di liquidità aggiuntiva, derivante dalla possibilità che il legislatore concede, previo ottenimento della sospensione o scioglimento dei contratti bancari autoliquidanti, di non rimborsare le anticipazioni concesse dagli istituti di credito prima della presentazione del ricorso al Tribunale, impedendosi a tali creditori finanziari di ridurre la loro esposizione dopo l’avvio della Procedura, mediante l’incasso dei pagamenti effettuati a scadenza dai clienti del debitore; risorse finanziarie – queste ultime – fruibili invece per la realizzazione degli obiettivi di risoluzione della crisi, da sottoporre preliminarmente all’organo giudicante.