Conferimento, non deducibili gli oneri scollegati dal trasferimento
Nell’ambito dell’imposta di registro l’articolo 50 del Dpr 131/1986, parafrasato in considerazione della disciplina comunitaria (Direttiva 69/335/Cee) richiede che, nel caso in cui vengano conferiti nella società beni immobili, diritti reali immobiliari o aziende, risultano essere deducibili, ai fini della determinazione della base imponibile, esclusivamente le passività e gli oneri afferenti al bene o al diritto trasferito, escludendo quelli che, sebbene incombenti sul conferente e accollati alla società, non risultano essere correlati all’oggetto del trasferimento. A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione attraverso l’ordinanza n. 7637/2018, depositata in cancelleria il 28 marzo 2018.
La Ctr della Lombardia ha rigettato l’appello proposto dall’agenzia delle Entrate, nei confronti di un contribuente e di una Srl, per la riforma della sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso dei due soggetti volto all’annullamento dell’avviso di liquidazione con il quale l’ufficio, in relazione a una operazione consistita nella delibera di aumento del capitale sociale e nel conferimento nella società, da parte della persona fisica, di un bene immobile gravato da ipoteca a seguito di mutuo acceso dalla conferente per la ristrutturazione di altro bene immobile e accollato alla medesima società conferitaria, aveva rideterminato la base imponibile per il calcolo dell’imposta di registro, al lordo delle passività, recuperando a tassazione la maggiore imposta dovuta. Avverso la menzionata pronuncia l’agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione.
L’ufficio ha dedotto la violazione e la falsa applicazione degli artt. 20, 50 e 52 del Dpr n. 131 del 1986, in relazione all’articolo 360 comma 1 n. 3 del Cpc censurando, in quanto erronea in diritto, l’affermazione contenuta nella decisione impugnata, secondo la quale nel sistema dell’imposta di registro non è presente una generale norma antielusiva, per cui la base imponibile va determinata assumendo il valore venale del bene conferito, scomputando le passività afferenti al bene medesimo e gli oneri accollati alla società, in quanto siffatta interpretazione delle citate norme è difforme da quella costantemente affermata dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale non hanno efficacia, nei confronti dell’amministrazione finanziaria, gli atti costituenti “abuso di diritto”, ossia la operazioni effettuate essenzialmente per ottenere un vantaggio fiscale.
A parere del collegio di legittimità il ricorso risulta essere fondato in quanto, costituisce principio costantemente affermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte quello secondo cui «in tema d’imposta di registro, il Dpr n. 131 del 1986, articolo 50, interpretato alla luce della disciplina comunitaria (Direttiva Cee n. 335/69) impone che, qualora siano conferiti in società beni immobili, diritti reali immobiliari o aziende, sono deducibili, ai fini della determinazione della base imponibile, le sole passività ed oneri inerenti al bene o diritto trasferito, con esclusione di quelli che, anche se gravanti sul conferente ed accollati alla società, non sono collegati all’oggetto del trasferimento» (Cassazione sentenza n. 18897/2016).