Controlli e liti

Contraddittorio in bilico

immagine non disponibile

di Aurelia Casali e Antonio Tomassini

Il contraddittorio endoprocedimentale, laddove non specificatamente normato, è obbligatorio per i soli tributi armonizzati e le garanzie di cui all’articolo 12, comma 7, legge 212/00 possono essere invocate per i soli accertamenti che originano da accessi, ispezioni e verifiche presso la sede del contribuente.
Con l’ordinanza 27422 dell’11 ottobre 2017, depositata ieri, la Cassazione torna ad affrontare la querelle dell’obbligatorietà del contraddittorio e della necessità del rispetto delle garanzie previste dall’articolo 12, comma 7, legge 212/00, richiamando e confermando l’orientamento espresso dalla Sezioni Unite nella sentenza 24823/2015.
A ricorrere innanzi al Supremo Collegio l’agenzia delle Entrate, dopo due gradi di merito favorevoli al contribuente. La Commissione Tributaria Provinciale prima, e i Giudici di seconde cure poi (Ctr Friuli Venezia-Giulia n. 126/02/2016), avevano riconosciuto l’illegittimità dell’avviso di accertamento - inerente le Imposte dirette (Irpef, addizionali regionali e comunali) - emesso a seguito della rideterminazione 'a tavolino' del reddito imponibile del contribuente, per il fatto di non essere mai stato quest’ultimo chiamato in contraddittorio dall’ufficio.
La Cassazione, accogliendo il ricorso dell’amministrazione finanziaria, torna per contro ad operare (cfr. Cass. n. 24823/2015, ma anche Cass. nn. 11283/2016 e 21071/2017) un discutibile distinguo fra tributi armonizzati, quali l’Iva, e tributi non armonizzati, quali l’Irpef o l’Ires, contemplando soltanto per i primi l’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale laddove non specificatamente normato nonchè l’invalidità dell’atto impositivo in caso di sua violazione (purché il contribuente assolva all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non proponga un’opposizione meramente pretestuosa).
I giudici di legittimità, peraltro, propongono una volta ancora il distinguo fra “accessi, ispezioni e verifiche” presso la sede del contribuente e i cosiddetti controlli a tavolino, riservando soltanto ai primi le garanzie previste dall’articolo 12, comma 7, legge 212/2000.
La Suprema Corte va così a consolidare un orientamento sull’assenza di un obbligo di contraddittorio generalizzato che tuttavia non è né univoco (cfr. Cass. n. 10805/2016 sulla necessità che il diritto riguardi tutti i comparti impositivi e cfr. Cass. n. 20849/2016 sulla necessità del contraddittorio anche per i controlli a tavolino), né condivisibile.
Nell’epoca della tax compliance e dei tentativi di distensione dei rapporti fisco-contribuente è auspicabile che la giurisprudenza nazionale, anche in considerazione del principio di uguaglianza consacrato dall’articolo 3 Cost. e degli orientamenti della giurisprudenza comunitaria, giunga ad un’affermazione più compiuta del principio del contradditorio, a prescindere dal tributo, dalla tipologia o dalla sede di espletamento dell’attività istruttoria, posto che le limitazioni a questo fondamentale principio ostano ad un pieno esercizio del diritto di difesa e generano discriminazioni difficilmente spiegabili sotto il profilo sistematico.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©