Controlli e liti

Contraddittorio a geometria variabile

di Luigi Lovecchio

Contraddittorio a geometria molto variabile: le ultime sentenze della Corte di cassazione disegnano un quadro a dir poco frastagliato, privo di qualunque visione sistematica dell’istituto. Così, per esempio, mentre nell’ambito degli studi di settore l’ufficio deve motivare le ragioni del rigetto delle osservazioni del contribuente, questo non è necessario negli accertamenti da verifiche in loco.

Princìpi Ue e norme italiane

Alla base di questo approccio casistico vi è la nota sentenza 24823/2015 delle Sezioni unite. In base a tale pronuncia, il principio del contraddittorio preventivo non costituisce un istituto di applicazione generalizzata nell’ordinamento interno, ma è necessario distinguere tre tipologie di fattispecie. La prima riguarda le imposte armonizzate (Iva, dazi, accise). Nella disciplina unionale, il principio del contraddittorio preventivo, dopo essere stato elaborato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza Sopropè), è stato codificato nell’articolo 41 della carta di Nizza.

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In tale contesto, dunque, il contraddittorio preventivo è sempre obbligatorio, anche qualora non sia previsto dalla legge. La sua mancanza tuttavia non determina automaticamente la nullità dell’atto di accertamento. Allo scopo, occorre che il contribuente dimostri la astratta rilevanza delle ragioni che avrebbe potuto dedurre in tale sede - la cosiddetta “prova di resistenza” (Corte Ue, sentenza Kamino, su cui si veda l’altro pezzo in pagina).

Il secondo comparto riguarda i casi in cui nell’ambito dei tributi nazionali la norma disponga espressamente l’obbligo del contraddittorio preventivo. Ciò accade, ad esempio, negli accertamenti da studi di settore e redditometro, nei controlli formali (articolo 36-ter del Dpr 600/1973) e nei controlli da accessi, ispezioni e verifiche. In queste situazioni, l’obbligo del contatto preventivo deve essere rispettato, a pena di nullità dell’atto impositivo.

Infine, il terzo caso riguarda tutte le ipotesi in cui, nel contesto dei tributi nazionali, il contraddittorio non sia espressamente codificato. Si pensi ad esempio ai cosiddetti controlli a tavolino. In tale eventualità, l’ufficio non ha alcun obbligo di sentire preventivamente il contribuente (in questo stesso senso, si veda da ultimo la sentenza 8890/2018 della Cassazione, depositata mercoledì scorso).

L’orientamento della Corte

Già con la pronuncia a Sezioni unite 18184/2013, la Cassazione ha stabilito che negli accertamenti da «standard contabili», come quelli da studi di settore (e non solo), il contraddittorio preventivo è sempre obbligatorio. Tanto, in ragione del fatto che gli standard costituiscono delle mere regole di esperienza, ritratte da indagini statistiche, che possono dare luogo a presunzioni semplici solo se l’ufficio ne dimostra l’applicabilità al caso concreto.

Anche gli accertamenti effettuati sulla base di percentuali di ricarico elaborate a livello nazionale o territoriale o sulle cosiddette check-list rientrano a pieno titolo nei controlli da standard contabili. Per essi quindi valgono le stesse regole.

Nelle successive sentenze 24957/2015 e 12631/2017, la Corte di cassazione ha ulteriormente precisato che l’ufficio deve motivare le ragioni che lo hanno indotto a rigettare le osservazioni del contribuente. In difetto, l’atto di accertamento è nullo per violazione dell’obbligo di motivazione.

In caso di accessi e verifiche

In base all’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000, il contribuente ha il diritto di formulare osservazioni in ordine agli esiti di un processo verbale di constatazione, entro 60 giorni dalla consegna dello stesso.

La Corte di cassazione, con orientamento consolidato (tra le ultime, la sentenza 5899/2017), ha statuito che l’emissione di atti di accertamento prima del decorso di tale termine comporta la nullità degli stessi, salvo che non si provi l’esistenza di gravi e speciali ragioni.

È evidente la valorizzazione, in tale ambito, del principio del contraddittorio preventivo. Tuttavia, con sentenza 26933/2017, la Corte ha avuto modo di precisare che l’ufficio non deve esplicitare nell’atto le ragioni del rigetto delle osservazioni del contribuente, essendo sufficiente la mera «valutazione» delle stesse.

In buona sostanza, questo significa legittimare formule di mero stile quali per l’appunto «valutate le motivazioni del contribuente» per emettere atti di rettifica in totale diniego delle argomentazioni dedotte avverso il processo verbale di contestazione. Viene a questo punto da chiedersi che senso abbia sancire la nullità dell’accertamento emesso “ante tempus” in funzione di una salvaguardia meramente formalistica del diritto al contraddittorio preventivo.

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