Contraddittorio non sempre necessario, spazio all’autotutela tempestiva
Il contraddittorio preventivo non è sempre necessario. Si all’autotutela tempestiva. A precisarlo è la Ctr Lombardia con la sentenza 2953/14/2017 (presidente Sacchi, relatore Palma), in attesa di conoscere le motivazioni della Consulta sulla questione di incostituzionalità sollevata in tema di obbligatorietà generalizzata del contraddittorio preventivo endoprocedimentale, segue il filone giurisprudenziale di merito e di legittimità della non obbligatorietà esaltando la valenza «dell’autotutela tempestiva».
I ricorrenti impugnavano i rispettivi avvisi di accertamento scaturenti dal maggior reddito d’impresa ai fini Iva e Irap per la società e ai fini Irpef per i soci. Fra i vari motivi di ricorso veniva eccepita la violazione dell’articolo 12 dello Statuto dei diritti del contribuente per la mancata notifica , nel periodo intercorrente dalla consegna dei documenti su richiesta dell’Ufficio alla notifica dell’avviso di accertamento, di alcun verbale di chiusura delle operazioni di verifica o di altro atto equipollente che potesse consentire al contribuente di dedurre proprie osservazioni e rilievi in ossequio ai principi del citato articolo 12; veniva altresì sollevato il vizio di motivazione per carenza di contraddittorio in quanto l’Ufficio aveva rettificato in diminuzione i ricavi dopo aver preso atto delle deduzioni difensive introdotte dai ricorrenti nella fase preprocessuale del ricorso/reclamo.
L’ Amministrazione Finanziaria eccepiva la non necessità dell’obbligo di notifica del verbale di chiusura delle operazioni , sosteneva la rideterminazione del perimetro della controversia in seguito alla proposta di mediazione nonché l’illegittimità della riduzione delle sanzioni al 40% essendo tale beneficio riservato alla fase di mediazione precontenziosa.
I giudici tributari milanesi preliminarmente considerano legittimo l’iter logico-giuridico seguito dall’Ufficio per la rettifica del reddito d’impresa nella misura in cui i beni acquistati non trovano riscontro nelle fatture di vendita o nelle giacenze di magazzino; viene ricordato altresì che l’ufficio legale che esamina il reclamo non ha alcun potere accertativo ma compie valutazioni sul grado di sostenibilità della pretesa e di economicità dell’azione amministrativa.
Entrando nel vivo della motivazione il collegio non si discosta dagli arresti della Suprema Corte sul tema e ribadisce l’assenza nell’ordinamento tributario nazionale di uno specifico obbligo di contraddittorio antecedente all’avviso di accertamento in materia di tributi non armonizzati.
Nel caso di specie non era stata svolta a monte dell’avviso di accertamento alcuna attività di accesso, ispezione o verifica per le quali è espressamente prevista la redazione e notifica di un verbale conclusivo delle operazioni; l’accesso a banche dati ovvero l’ acquisizione di documenti mediante questionario, chiosa il collegio, sebbene con linguaggio atecnico siano definite “ verifiche a tavolino” , non hanno tuttavia i requisiti normativi per essere definite tali.
Sul punto i giudici invocano la possibilità per il contribuente di ricorrere all’istituto “dell’autotutela tempestiva” che ha la medesima capacità dissuasiva nei confronti dell’Ufficio rispetto al contraddittorio preventivo. Sul tema sanzionatorio, conclude il collegio, non può applicarsi il regime agevolativo previsto per la fase di reclamo/mediazione in quanto la pretesa tributaria viene cristallizzata nell’originario avviso di accertamento che non subisce pertanto alcuna modifica.
Ctr Lombardia, sentenza 2953/14/2017