Il CommentoAdempimenti

Dal 1° luglio addio alle soglie di protezione

di Raffaele Rizzardi

Lo sviluppo esponenziale delle vendite online ai privati, accentuato dalle difficoltà di movimento delle persone per l’emergenza sanitaria, ha portato non poche piccole e medie imprese a spedire merce in altri Stati membri superando la cosiddetta soglia di protezione, normalmente di 35mila euro per la sommatoria delle cessioni a non soggetti di imposta del singolo Stato, che comporta l’applicazione dell’Iva dello Stato di destinazione, con un adempimento oggi necessariamente di identificazione in quel Paese, computando l’aliquota Iva di tale Stato.

Se l’invio è invece rimasto nei limiti, le vendite dirette ai consumatori sono state assoggettate all’imposta dello Stato in cui è iniziata la spedizione, nel nostro caso l’Italia.

Dal 1° luglio prossimo verranno meno le soglie di protezione, salvo una di 10mila euro per l’insieme delle operazioni territorialmente rilevanti in tutti gli altri Stati. Potrebbe essere il caso di un artigiano edile, cui capita raramente di essere chiamato ad eseguire dei lavori su un edificio all’estero. Se sta in questi limiti la sua prestazione sarà effettuata con l’Iva italiana. Per chi vende online questo limite è del tutto inconsistente, e pertanto avrà, in primo luogo l’opportunità di non dover aprire partite Iva all’estero, utilizzando il sistema dello sportello unico, Oss (One stop shop), che consente di versare alla propria amministrazione finanziaria anche l’Iva di un altro Paese, ovviamente mettendo a disposizione i dati che consentono di individuare ciascuno Stato di destinazione della merce.

Il serio rovescio della medaglia riguarda l’individuazione dell’aliquota pertinente per il singolo prodotto in ciascuno degli altri 27 Paesi aderenti al regime Iva intraunionale.

Non abbiamo dimenticato la Brexit, lasciando invariato il numero degli attuali partners, in quanto le aliquote della Gran Bretagna dovranno essere applicate alle vendite con destinazione Irlanda del Nord.

La Commissione europea ha messo a disposizione un database “Vat search”, che richiede l’inserimento della voce doganale della Nomenclatura comune europea.

A quasi cinquant’anni dall’entrata in vigore dell’Iva nel nostro Paese le tabelle delle aliquote ridotte continuano a indicare la vecchia voce doganale. Ma anche commutando il riferimento, abbiamo voluto fare una prova con il prodotto di cui parla la risposta ad interpello del 10 dicembre 2020, n. 579, da classificare nella Nc 2106 90. La risposta dell’Agenzia è per l’aliquota 10%, in base alla voce 80 - prodotti alimentari vari (v.d. ex 21.07) della tabella A, parte III, ma la consultazione europea indica l’aliquota ordinaria del 22%.

Il sistema dello sportello unico era partito nel 2003 solo per i servizi online, solo con l’aliquota ordinaria, e ci è voluto molto per la riduzione relativa a libri e periodici online.

Dal 1° luglio prossimo bisognerà conoscere l’aliquota in ciascuno Stato di ogni prodotto venduto ai consumatori. Ma dopo 12 mesi il problema tornerà con il nuovo regime delle vendite ai soggetti di imposta.