Controlli e liti

Decisivo l’intento fraudolento

immagine non disponibile

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

L’aspetto più delicato (e dibattuto) in tema di fatture false concerne l’onere della prova e quindi la difesa del contribuente. Se gli organi accertatori hanno contestato una fittizietà oggettiva dell’operazione (ossia mai avvenuta), occorre documentare la transazione commerciale. In caso, invece, di contestazioni di inesistenza soggettiva della fattura, l’Amministrazione per disconoscere la detraibilità dell’Iva devo dimostrare che il contribuente sapeva o avrebbe potuto sapere di partecipare a una frode, adottando l’ordinaria diligenza richiesta all’imprenditore (Corte giustizia C-277/14). Normalmente, gli organi accertatori a dimostrazione di tale consapevolezza, si limitano ad elencare le irregolarità fiscali commesse dal fornitore. A ben vedere, però, tali dati non sono conoscibili da chiunque, ma solo dagli organi di controllo, dotati di poteri ispettivi. Illuminante in tal senso, l’ordinanza 21104/2018 della Suprema corte secondo cui non è possibile esigere che il cessionario/committente, al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasioni, verifichi che l’emittente della fattura disponga dei beni e dei servizi fatturati e che abbia soddisfatto gli obblighi dichiarativi e di pagamento dell’Iva.

Alla luce di tali principi, il contribuente dovrà preliminarmente verificare se gli “indizi” fossero effettivamente conoscibili; in secondo luogo che inducessero a sospettare della liceità dell’operazione. Tra le anomalie più frequentemente indicate, oltre le irregolarità fiscali, ci sono la sede e il referente dell’impresa. Con riguardo alla sede, i verificatori sono soliti sostenere che in assenza di un’adeguata struttura in termini dimensionali e di organizzazione, le cessioni o le prestazioni non erano possibili. A tal fine, purtroppo il contribuente non può limitarsi a sostenere che non conosceva le condizioni della sede.

Tuttavia, per le imprese commerciali, occorre evidenziare che non è necessaria l’esistenza di grandi spazi e strutture, poiché potrebbero limitarsi a “intermediare” acquisti e vendite, non creando pertanto un proprio magazzino merci.

Per quanto riguarda il referente, invece, il contribuente deve dimostrare che il proprio interlocutore era riconducibile all’impresa che ha emesso la fattura perché legale rappresentante o direttore amministrativo, commerciale, o per altre qualifiche. A tal fine occorrerà produrre la corrispondenza intercorsa o i contratti sottoscritti. A ogni buon fine, quindi, occorre una preventiva verifica del fornitore attraverso una ricerca in camera di commercio, dalla quale si evincano i soggetti referenti, la sede, l’oggetto dell’attività e così via e in internet per reperire informazioni generali sullo soggetto e sulla possibilità che eserciti l’attività per la quale è stato contattato.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©