Definizione liti ancora senza software per il calcolo degli interessi
Uno degli aspetti più delicati della definizione delle liti pendenti, riguarda l’autoliquidazione delle somme dovute. L’articolo 11 del decreto legge 50/2017 prevede, in sintesi, che sono dovute le imposte e gli interessi di ritardata iscrizione a ruolo calcolati fino al sessantesimo giorno dalla notifica.
Le imposte sono facilmente individuabili nell’atto impugnato, gli interessi, invece, in parte risultano dall’atto stesso e, in parte, devono essere calcolati dal contribuente.
La norma richiama l’articolo 20 del Dpr 602/73, secondo il quale sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione e al controllo formale della dichiarazione o all’accertamento d’ufficio si applicano, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli, gli interessi al tasso del 4% annuo (2,75% fino al 30 settembre 2009).
Secondo la circolare n. 22/2017, gli interessi, normalmente inclusi nell’atto impositivo, sono calcolati fino alla data di emissione dello stesso (non coincidente con quella di notifica) e pertanto occorre: a) ricalcolarli fino alla data di effettiva notifica del provvedimento impugnato; b) aggiungere quelli ulteriori maturati nei 60 giorni successivi.
Al riguardo va segnalato che, in realtà, la data di calcolo degli interessi riportata in vari atti impositivi non coincide con quella di sottoscrizione dell’atto stesso, e pertanto occorrerà tenerne conto ai fini del corretto computo dei medesimi.
In altre parole, il contribuente deve quantificare la quota decorrente dal giorno successivo all’ultimo indicato nell’atto dall’Ufficio per il calcolo, e fino al 60° giorno dopo la notifica. Questa somma, unitamente alle imposte, rappresenta il totale lordo dovuto.
Da evidenziare ancora che occorre far riferimento non agli interessi indicati ai fini della definizione in acquiescenza (sezione 1 delle «avvertenze per il contribuente»), ma a quanto riportato nelle parti successive, ovviamente con riferimento alla totalità delle imposte pretese.
Nella diversa ipotesi in cui la lite riguarda gli atti dell’agente della riscossione (fermi restando i requisiti per l’accesso alla definizione), l’agenzia delle Entrate (circolare 23/2017) ha ora precisato che gli interessi devono essere calcolati considerando i 60 giorni decorrenti dalla notifica dell’atto presupposto.
Il medesimo documento di prassi chiarisce anche che in assenza di indicazione degli interessi nell’atto impugnato, il contribuente è comunque tenuto al versamento (e quindi al calcolo) degli stessi. A tal fine essi devono essere calcolati dal giorno successivo alla scadenza del pagamento e fino al sessantesimo giorno dopo la notifica.
In questi casi (alquanto rari poiché nel provvedimento gli interessi sono generalmente indicati), non è agevole l’individuazione del giorno iniziale per il calcolo, sia per le frequenti proroghe delle scadenze di versamento, sia per le differenziazioni dovute alla tipologia di tributo.
Da segnalare poi che fino al 1° luglio 1999 era prevista l’applicazione degli interessi per semestri interi. Al riguardo la circolare chiarisce che nel caso in cui al 60° giorno successivo alla notifica dell’atto il semestre non si sia ancora compiuto, gli interessi sono dovuti fino a tale giorno e devono essere calcolati moltiplicati per il numero di giorni del semestre incompiuto.
In ogni caso è verosimile – e sicuramente auspicabile – che gli errori nella determinazione degli interessi, non inficino il buon esito della definizione della lite. Va da sé che sarebbe quanto mai opportuno che l’agenzia delle Entrate renda disponibile sul proprio sito un software per il calcolo per agevolare realmente il contribuente nell’adesione alla definizione.