Controlli e liti

Dettate le condizioni per la coesistenza dei due procedimenti

di Riccardo Borsari

A sette mesi dalle conclusioni dell’Avvocato generale, ieri la Grande Sezione della Corte Ue ha preso nuovamente posizione sulla compatibilità del doppio binario sanzionatorio con il diritto al ne bis in idem (articolo 50 della Carta di Nizza). Tale principio vieta il cumulo sia di procedimenti che di sanzioni, aventi natura penale, per gli stessi fatti e contro lo stesso individuo.

Se inizialmente il principio veniva interpretato limitandolo esclusivamente alla materia strettamente e formalmente penale, con il passare del tempo e a seguito della espansione del diritto amministrativo punitivo, si è assistito a un’evoluzione che ha offerto una più effettiva protezione all’individuo rispetto all’abuso dello ius puniendi. In particolare, al fine di stabilire la vera natura dei procedimenti e delle sanzioni, al di là delle etichette formali attribuite dai Legislatori statali, la Cedu ha elaborato i seguenti tre criteri («Engel criteria», dall’omonima sentenza del 1976): la qualificazione giuridica dell’illecito secondo il diritto nazionale; la natura sostanziale dell’infrazione, avendo specifico riguardo alla sussistenza di una sua finalità repressiva; la severità della sanzione.

Quella che sembrava prospettarsi come una progressione espansiva del diritto al ne bis in idem, ha peraltro conosciuto un momento di attenta riflessione con la sentenza A e B c. Norvegia della Grande Camera della Cedu del 2016. Si è passati dal divieto di configurare per lo stesso fatto illecito due procedimenti che si concludono indipendentemente uno dall’altro, alla facoltà di coordinare nel tempo e nell’oggetto tali giudizi, in modo che possano reputarsi come preordinati a un’unica, prevedibile e non sproporzionata risposta punitiva, specie con riguardo alla pena irrogata. La rilevanza della pronuncia, anche per il nostro ordinamento, emerge dalla recente statuizione della Corte costituzionale (sentenza 43/2018) che ha restituito gli atti di causa al giudice a quo affinché ne tenesse conto in ordine alla violazione o meno del principio del ne bis in idem.

A valle di tale pronuncia, la Corte Ue si è trovata di fronte alla necessità di compiere una scelta: condividere il proprio precedente orientamento espresso nella sentenza Åkerberg Fransson del 2013, che si poneva nel solco della giurisprudenza Cedu, escludendo la possibilità di cumulo tra sanzione amministrativa e sanzione penale, allorché la prima abbia natura penale secondo i criteri Engel; accettare la limitazione del principio del ne bis in idem; elaborare una giurisprudenza specifica.

La Corte Ue ha ricordato ieri che il ne bis in idem appartiene alla categoria dei diritti fondamentali e che, tuttavia, esso è limitabile in presenza di determinate giustificazioni. Nello specifico, la normativa interna che autorizza il cumulo di procedimenti e di sanzioni, aventi natura penale, deve: essere finalizzata a un obiettivo d’interesse generale, fermo restando che i procedimenti e le sanzioni devono avere scopi complementari; prevedere regole chiare e precise che consentano all’individuo di prevedere quali atti e/o omissioni possano costituire oggetto di cumulo; garantire che i procedimenti siano coordinati fra loro in modo da limitare allo stretto necessario l’onere supplementare derivante dal cumulo; da ultimo, la severità del complesso delle sanzioni imposte sia limitata a quanto è strettamente necessario rispetto alla gravità dell’illecito in questione.

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