Controlli e liti

Errori da spesometro a doppio taglio

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di Laura Ambrosi

Dati e incroci comunicati con lo spesometro sono posti a base di controlli e accertamenti, ma di sovente senza approfondire eventuali errori od omissioni commesse dai contribuenti. La completezza delle informazioni comunicate periodicamente con lo spesometro sono una fonte informativa molto importante per l’amministrazione e, come era prevedibile, rappresentano sempre più l’input per controlli e accertamenti.

Tuttavia, spesso gli uffici non approfondiscono adeguatamente la natura delle divergenze dei dati comunicati dai contribuenti, limitandosi a semplici incroci.

Se, ai fini dell’innesco del controllo, una simile metodologia può essere sufficiente, la rettifica quasi automatica della dichiarazione su tali basi può invece rivelarsi infondata. Si ricorda che devono essere comunicati i dati delle fatture emesse, indipendentemente dalla loro registrazione, comprese, ad esempio, quelle annotate o da annotare nel registro dei corrispettivi; delle fatture ricevute e delle bollette doganali registrate, comprese quelle dei soggetti che si avvalgono del regime forfettario o in regime di vantaggio; delle note di variazione delle fatture emesse e ricevute. Non sono da comunicare, invece, i dati degli scontrini, delle ricevute fiscali e delle schede carburante. Per ciascuna fattura occorre segnalare i dati identificativi dei soggetti coinvolti, data, numero, base imponibile, aliquota, imposta, tipologia di operazione.

È evidente che si tratta di un patrimonio informativo notevole per l’amministrazione finanziaria, perché incrociando le comunicazioni dei clienti e dei fornitori può agevolmente riscontrarsi se qualcuno ha dedotto costi non sostenuti ovvero non ha dichiarato ricavi. Sono poi celermente individuabili i clienti in tutta Italia di un determinato contribuente ritenuto ad esempio dedito all’emissione di fatture false.

A fronte di spunti così importanti ai fini dei controlli, si sta verificando tuttavia che in vari casi gli uffici dell’Agenzia pretendono di basare l’accertamento e quindi la rettifica della dichiarazione soltanto su questi dati. Le ipotesi più frequenti riguardano le divergenze tra le informazioni comunicate dal fornitore e dal cliente.

Così, le omissioni dei fornitori di fatture realmente emesse diventano costi non deducibili per il cliente che dovrebbe averle registrate e gli errori dei clienti (inserimenti nello spesometro di fatture non ricevute) diventano ricavi non dichiarati dal fornitore.

Con accertamenti a tavolino, soprattutto quando cliente e fornitore si trovano in province o regioni differenti, senza alcun approfondimento sulla reale situazione contabile di ciascuno, viene in genere contestata la violazione più immeditata con riferimento al contribuente di competenza dell’ufficio che esegue il controllo. Così ad esempio se X non ha indicato una fattura emessa a Y (che invece l’ha regolarmente riportata nello spesometro), l’ufficio che controlla X ritiene che egli abbia omesso ricavi (perché non vi è indicazione nello spesometro delle fatture indicate da Y come acquisti), mentre quello che controlla Y ritiene il costo indeducibile perché X non ha indicato le fatture emesse.

Va da sé che, in presenza di operazioni effettivamente avvenute ma erroneamente riportate nello spesometro, soprattutto per il contribuente che ha emesso la fattura non sarà difficile provare che comunque ha il documento. Se, invece, si è in presenza di fatture false perché, ad esempio, il cliente ha simulato un costo, non sarà semplice per il fornitore convincere l’ufficio che non si tratta di un occultamento di ricavi, ma di una fattura falsa creata dall’altro soggetto per dedursi il costo.

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