Controlli e liti

Essenziale dimostrare l’assenza di dolo

di Rosanna Acierno

Pur essendo consapevoli dei rischi legati all’istituto dell’accollo tributario - anche se si è certi dell’esistenza del credito del soggetto accollante - ci sono diverse strade per difendersi dagli avvisi di recupero di crediti d’imposta emessi dall’agenzia delle Entrate.

Per gli avvisi di recupero in base all’articolo 1, comma 421 della legge 311/2004 da parte delle direzioni provinciali delle Entrate al soggetto accollato, con conseguente richiesta delle imposte dovute e delle sanzioni dal 100% al 200%, non definibili in maniera agevolata e immediatamente esigibili, è opportuno impugnare tempestivamente l’atto impositivo e chiedere la sospensione provvisoria dell’esecuzione dell’atto tramite un’ istanza di sospensiva giudiziale.

In caso di mancato pagamento di quanto contestato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, infatti, le somme dovute in base all’atto di recupero – anche se non definitivo – sono per intero iscritte nei ruoli straordinari (articolo 15-bis del Dpr 602/73). Nel merito, poi, sarà necessario chiederne la nullità, dimostrando la assoluta buona fede e assenza di dolo e colpevolezza dell’accollato e, contestualmente, il suo comportamento diligente e prudente sulla verifica dell’esistenza del credito, prima di procedere con la compensazione. In sostanza, è necessario riuscire a dimostrare la sua buona fede e la totale assenza di intento cosciente e consapevole di commettere una frode, facendo rilevare che lo stesso accollato risulta semmai vittima di un raggiro.

In subordine, sarà opportuno chiedere la disapplicazione delle sanzioni al 100% per carenza di dolo e colpa.

A questo fine, potrebbe essere utile segnalare che, in casi simili, con due sentenze, la Ctp di Milano si è pronunciata a favore della inesigibilità delle sanzioni per insussistenza dei presupposti (Ctp Milano, sentenze 745/3/2016 e 7827/9/2016).

Sempre in via subordinata, potrebbe essere opportuno chiedere l’applicazione della sanzione al 30%, facendo rilevare che quella del 100% deve essere applicata dall’Amministrazione finanziaria in via residuale, soltanto se la violazione non è riscontrabile con le procedure della liquidazione automatica della dichiarazione in base all’articolo 36-bis del Dpr 600/73 e/o dell’articolo 54-bis del Dpr 633/72, dovendosi diversamente applicare la sanzione del 30 per cento. Del resto, è emblematica la circostanza che, in molti casi, per le stesse violazioni, l’agenzia delle Entrate notifichi alle società accollate avvisi bonari con conseguente applicazione della sanzione del 30 per cento.

Sempre in sede di impugnazione, oltre alle eventuali questioni che potrebbero essere sollevate, quali ad esempio il vizio di delega, si potrebbe comunque eccepire il vizio di motivazione. Gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta hanno, infatti, una sostanziale natura accertativa. Ne consegue che, in base all’articolo 7, comma 1 della legge 212/2000 e all’articolo 42 del Dpr 600/73, anche gli avvisi di recupero devono, a pena di nullità, essere motivati in relazione ai presupposti di fatto e di diritto che hanno condotto alla maggiore pretesa e laddove in essi sia richiamato un provvedimento non conosciuto né consegnato al contribuente, questo deve essere allegato, salvo che ne sia riportato il contenuto «essenziale».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©