Contabilità

Fisco-bilanci, quei richiami «impropri» alla derivazione rafforzata

di Franco Roscini Vitali

La derivazione rafforzata è la novità fiscale più rilevante collegata al debutto, dall’esercizio 2016, delle nuove norme in materia di bilancio introdotte dal decreto 139/2015. In base al principio di derivazione rafforzata rilevano, in deroga alle disposizioni del Tuir, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai principi contabili nazionali (articolo 83 Tuir).

Tuttavia, in alcuni casi, la derivazione rafforzata è richiamata in modo improprio, o quantomeno non pertinente: molte situazioni che si vorrebbero far rientrare in questo ambito erano già risolte, dalle norme del Tuir, prima dell’entrata in vigore della nuova disposizione. Un esempio è l’articolo 102, comma 6 ,del Tuir, che prevede la deducibilità delle spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili iscritti all’inizio dell’esercizio nel registro dei beni ammortizzabili.

Questa disposizione, che tra l’altro riguarda limiti quantitativi (pertanto estranei alla derivazione rafforzata), era già prevista nei Dpr 597/1973 e 598/1973 sostituiti dal Tuir. In sostanza, il legislatore ha fissato un limite, quantificandolo in modo ben preciso, al fine di evitare discussioni fiscali circa la collocazione delle spese in questione tra quelle di esercizio o tra quelle capitalizzabili, distinzione che eventualmente riguarda l’ambito civilistico. Quindi, il richiamo alla derivazione rafforzata, contenuto in qualche pronuncia relativa ai costi per il rifacimento del tetto di un capannone, non è pertinente.

Altro esempio riguarda i costi iscritti nel conto economico con contropartita il conto «debiti per fatture da ricevere» (che nel bilancio confluisce nel conto «debiti verso fornitori»): nessuno, prima dell’introduzione della derivazione rafforzata, ha mai messo in dubbio la deducibilità di questi costi, se è rispettato il principio di competenza. Le stesse considerazioni riguardano gli sconti da corrispondere ai clienti in base a precisi impegni contrattuali, commisurati alle vendite effettuate nell’esercizio, anche se la materiale quantificazione avviene nell’esercizio successivo: nel bilancio in chiusura sono stati contabilizzati, da sempre, tra i debiti.

Altro esempio sono i premi da corrispondere ai dipendenti in base ad accordi contrattuali che, nel bilancio in chiusura, costituiscono debiti: discorso diverso se i parametri di calcolo non sono prefissati e lo saranno nel successivo esercizio, in base ad accordi sindacali intervenuti nel successivo esercizio. In questa situazione, nel bilancio sarà eventualmente contabilizzato un fondo, ma solo se i parametri di calcolo divengono noti entro la predisposizione del bilancio: in caso contrario, per l’Oic 31, potrebbe trattarsi di passività probabili ma di ammontare non determinabile, la cui esistenza deve essere segnalata nella nota integrativa.

Se è iscritto un fondo, il costo sarà deducibile nel successivo esercizio (articoli 107, comma 4, del Tuir), anche se entro la data di redazione del bilancio il costo diventa certo. Infatti, l’aggiornamento della stima non può portare all’iscrizione di un debito, come precisato dall’Oic nella risposta confermata definitivamente nella newsletter del mese di maggio. Infine, con riferimento all’imputazione temporale, il fisco si è già pronunciato con le risoluzioni n. 9/2940/81, 52/E/98 e 14/E/98.

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