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FISCO E AGRICOLTURA/L’affiancamento dimentica il fronte fiscale

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di Gian Paolo Tosoni

L’affiancamento in agricoltura, al fine di favorire il passaggio generazionale, lo aveva previsto il collegato agricolo (legge 28 luglio 2016, n. 154) ed ora la legge di Bilancio 2018 ( legge 205/2017 ) ne da attuazione. Restano incertezze applicative soprattutto sotto il profilo fiscale.

Lo scopo è quello di favorire lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura ed incentivare il subingresso dei giovani; per questo la norma non vieta ne richiede vincoli di parentela. Il mentore deve essere un coltivatore diretto o un imprenditore agricolo, che svolga le attività di cui all’articolo 2135 del Codice civile e che sia di età superiore a 65 anni o se più giovane che abbia raggiunto la pensione. La normativa ha validità per un triennio dal 2018 al 2020; i giovani che devono essere affiancati al senior devono avere una età compresa tra 18 e 40 anni e possono essere organizzati anche in forma associata. I giovani non devono essere proprietari o titolari di altro diritto reale su terreni agricoli. Tra i giovani e l’agricoltore più attempato deve esse stipulato un contratto di affiancamento che deve prevedere un regime di miglioramento fondiario e impegna l’imprenditore agricolo anziano a trasferire al giovane affiancato le proprie competenze nell’ambito delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del Codice civile; il giovane si impegna a contribuire direttamente alla gestione anche manuale dell’impresa agricola e ad apportare le innovazioni tecniche e gestionali necessarie alla crescita dell’impresa.

L’affiancamento non può avere una durata superiore a tre anni e comporta in ogni caso la ripartizione degli utili di impresa in una percentuale compresa tra il 30 ed il 50% a favore del giovane. Il contratto può stabilire anche il diritto del giovane imprenditore agricolo nella gestione dell’azienda ed, inoltre, il giovane ha diritto a delle forme di compensazione in caso di risoluzione anticipata del contratto. Il giovane matura altresì il diritto di prelazione agraria secondo le modalità della legge 590/1965.
Durante il periodo di affiancamento il giovane agricoltore è equiparato all’imprenditore agricolo professionale ai sensi dell’articolo 1 del Dlgs 99/2004, da cui ne discende anche l’obbligo della assicurazione previdenziale per la quale anche nel 2018, se il richiedente ha meno di 35 anni usufruirà dello sgravio contributivo per tre anni.

I contratti di affiancamento hanno priorità nell’ottenimento di contributi per i progetti di sviluppo (Dlgs 185/2000) aventi per oggetto la produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.

La forma di contratto non trova precedenti nel settore agricolo; infatti non può essere un contratto di rete in quanto i giovani non sono un’impresa, né un contratto di compartecipazione agraria che per sua natura è stagionale. La forma che più si avvicina è il contratto di associazione in partecipazione che però non potrebbe usufruire delle agevolazioni fiscali agricole.

Non è regolata fiscalmente nemmeno l’imputazione della quota di reddito che se attribuita senza un inquadramento normativo, sarebbe tassata ai fini Irpef per il giovane percettore; se il giovane è un familiare entro il terzo grado o un affine entro il secondo grado si può usufruire dell’impresa familiare di cui all’articolo 5 del Dpr 917/86 e quindi è possibile attribuire al giovane una quota di reddito agrario, ma se manca il grado di parentela questo non è possibile. Insomma una buona norma che però deve essere perfezionata sotto il profilo giuridico e fiscale.

Legge 205/2017 (legge di bilancio 2018)

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