FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: ipoteca, studi di settore, test di operatività
Senza il pericolo per la riscossione il concessionario non può iscrivere l’ipoteca. Note tecniche e metodologiche devono sempre accompagnare gli accertamenti basati sugli studi di settore. Nessun test di operatività per la società la cui azienda è stata oggetto di sequestro preventivo. Sono i temi della rassegna di questa settimana delle principali pronunce delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado.
Senza il pericolo per la riscossione il concessionario non può iscrivere l’ipoteca
Il concessionario della riscossione non può iscrivere ipoteca sui beni del debitore se non vi è fondato pericolo per la riscossione, ossia se manca il cosiddetto «periculum». Questo perché l’iscrizione ipotecaria è fondata solamente se nell’avviso sono indicati i presupposti su cui tale misura cautelare si fonda, ossia se sono indicati gli atti, come, ad esempio, quelli tesi al depauperamento del patrimonio del debitore, che mettono in pericolo la riscossione delle somme a debito. Pertanto è illegittima l’iscrizione ipotecaria che non indica i presupposti della misura cautelare, con particolare riguardo al «periculum», ma che si limita esclusivamente ad indicare le cartelle poste a base della stessa.
• Ctp Milano, sentenza 5144/19/2017
Note tecniche e metodologiche con gli accertamenti basati sugli studi di settore
L’accertamento tributario basato sugli studi di settore è legittimo solo se è “accompagnato” dalle note tecniche e metodologiche, nonché da tutta la documentazione (quali prospetti contabili, extracontabili, coefficienti utilizzati, liste di variabili applicative) utile ad esplicitare l’iter tramite cui l’erario è giunto alla determinazione della maggiore imposta accertata (nel caso di specie, sulla base degli studi di settore l’Amministrazione accerta ad un costruttore edile un maggiore ricavo di 53mila euro rispetto a quelli originariamente dichiarati di 26mila).
In pratica, tale documentazione deve necessariamente essere prodotta:
a) nella fase istruttoria, affinché sia rispettato l’iter amministrativo, atteso che non basta allegare all’invito al contraddittorio i risultati cui è giunto l’ufficio;
b) nella fase impositiva, perché deve essere garantito il diritto di difesa del contribuente, e quindi all’atto impositivo devono essere allegati tutti quei documenti che rendano comprensibile al contribuente come l’Amministrazione è giunta a determinare la maggiore imposta accertata;
c) nella fase processuale, in modo da consentire al giudice di decidere sulla legittimità dei maggiori ricavi accertati.
• Ctr Sardegna, sentenza 257/5/2017
Nessun test di operatività per l’azienda oggetto di sequestro preventivo
L’amministrazione non può pretendere maggiori imposte sulla scorta dei ricavi risultanti dal test di operatività (nel caso di specie, i ricavi presunti di una Sas ammontano ad oltre 140mila con riferimento all’anno 2006) se l’azienda è stata sottoposta a sequestro da parte della autorità giudiziaria (Nel caso di specie, la Procura procedeva al sequestro dello stabilimento aziendale realizzato in parte con fondi pubblici per accertare il regolare utilizzo degli aiuti comunitari). Questo perché il sequestro impedisce il normale svolgimento dell’attività aziendale, circostanza rientrante nelle situazioni oggettive di non applicabilità del relativo test, disciplinato dall’articolo 30 della legge 724/1994 in base al quale la società è definita non di «comodo» se il reddito è almeno pari a quello determinabile in ragione dei beni strumentali aziendali. E non rileva neppure la circostanza che il sequestro non rientri letteralmente tra i casi di disapplicazione, così come sosteneva l’amministrazione in sede processuale.
• Ctr Sicilia, sezione staccata Caltanissetta, sentenza 2557/7/2017
Il libero scambio tra Italia e Svizzera non esime dalla dichiarazione in dogana
L’accordo di libero scambio tra Italia e Svizzera non legittima l’importazione di merce (nel caso di specie, 226 monete d’oro) in evasione d’Iva se il contribuente non rispetta le formalità previste dalla normativa domestica. Ciò perché la direttiva Ue 98/80/CE impone agli Stati Membri di adottare misure di controllo per contrastare l’evasione che nella normativa nazionale ciò si attua tramite la dichiarazione doganale grazie alla quale il contribuente dichiara di essere in possesso dei requisiti per l’importazione a scopo investimento, e la cui attestazione è necessaria per importare in esenzione Iva.
Pertanto è legittima l’irrogazione della sanzione da parte dell’Ufficio Doganale tramite apposito atto adeguatamente motivato così come si evince dai seguenti elementi:
a) esso indica le ragioni di fatto e di diritto poste a base della ripresa (nel caso specifico, manca la dichiarazione doganale grazie alla quale l contribuente dichiara di importare l’oro per fini d’investimento, come previsto dal comma primo, lettera c) dell’articolo 68 del decreto Iva);
b) è irrilevante la circostanza che non sia stata indicato il reato di contrabbando commesso poiché l’importazione è avvenuta in evasione Iva;
c) non vi è alcuna incoerenza commessa dall’Amministrazione , se questi ha proceduto al calcolo dell’evasione Iva per quantificare la sanzione da irrogare (nel caso di specie, pena pecuniaria compresa tra due e dieci volte i diritti evasi);
d) il contribuente già conosce le ragioni della sanzione perché fondata su accertamento già in precedenza notificato al ricorrente e da questi contestato specificatamente a seguito del rilascio del Pvc.
• Ctp Como, sentenza 207/1/2017
Accisa dovuta per il carburante dei serbatoi extra large
Va recuperata l’accisa per il carburante importato in misura eccedente la franchigia sul serbatoio installato con capacità maggiore di quello originario come disposto dalla normativa CEE (Nel caso di specie, la Gdf controlla gli automezzi di una società di autotrasporti e constata che viene importato del carburante in eccedenza di franchigia data la modifica della capacità del serbatoio rispetto a quello originariamente installato dalla casa costruttrice - identificati quindi come serbatoi «non normali» - con conseguente ripresa delle accise doganali sul carburante importato in eccesso e soggetto a sdoganamento).
Ma si può applicare l’esimente della buona fede e quindi non irrogare la sanzione se il contribuente assume un atteggiamento collaborativo in sede di verifica, quindi in buona fede, come risulta dai seguenti elementi:
a) Non ostacola le attività di controllo (nel caso di specie, la contribuente non si è opposta alle attività di verifica in dogana, nella quale i verificatori non riscontravano alcuna irregolarità);
b) Ha adottato un comportamento “ab origine” non punibile, circostanza che ha indotto la contribuente di operare nel pieno rispetto delle norme (nel caso di specie, la definizione di serbatoio “normale” è stata emanata solamente dall’articolo 107 del regolamento Ce 1186, entrato in vigore nel 2010, mentre il contribuente ha importato carburante sin dal 2009, e l’atto viene notificato solo nel 2016 sulla base di pvc della gdf elevato solamente nel luglio 2012 con riferimento al passaggio dei mezzi dal 2009 al 2012);
c) il quadro normativo risulta essere del tutto incerto, come previsto dal comma secondo dell’articolo 6 del Dlgs 472/1997 (nel caso di specie, l’ufficio doganale ha dovuto chiedere nell’ottobre 2014 alla Commissione europea di conoscere la corretta interpretazione da attribuire all’espressione «serbatoi normali»).
• Ctp Sondrio, sentenza 86/1/2017