Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: rientro dei cervelli, elusione, rimborsi Iva

di Ferruccio Bogetti e Filippo Cannizzaro

Non spetta l’incentivo al rientro dei lavoratori all’estero se il trasferimento non coincide con la nuova attività. Non è contestabile l’elusione al notaio socio di una Srl che compra un immobile. Imposta sulla pubblicità per il prodotto reclamizzato in vetrina anche se non compare il nome della ditta. L’erogazione di un rimborso Iva, poi non più ritenuto spettante da parte dell’Amministrazione, non può essere ulteriormente sanzionato con l’applicazione di una penalità nella misura del 30 per cento. Sono i temi della rassegna di questa settimana delle principali pronunce delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado.


C’è l’incentivo per «Rientro dei cervelli» in caso di assunzione in tempi brevi

Il contribuente, nato dopo il 1° gennaio 1969, in possesso di laurea, e che ha svolto attività lavorativa all’estero per almeno 24 mesi o più, ha diritto all’incentivo per il “Rientro dei lavoratori all’estero” (Legge 238 del 2010), a condizione che il trasferimento in Italia avvenga entro tre mesi dall’assunzione presso impresa italiana, ovvero dall’avvio di nuova attività di lavoro autonomo o d’impresa in Italia, ciò significa che il trasferimento in Italia deve essere temporalmente collegato con la nuova attività lavorativa. Tale diritto sussiste anche se il contribuente trasferisce la residenza in Italia prima dell’assunzione, ovvero prima dell’avvio della nuova attività, purché tale trasferimento sia a ciò funzionale, ma non spetta se il contribuente ha trasferito la residenza in Italia molto tempo prima della nuova assunzione.

Nel caso di specie, un cittadino italiano ha lavorato nel Regno Unito dal dicembre 2007 al maggio 2010, e si trasferisce in Italia nel giugno 2009 quando la nuova assunzione, proposta nell’aprile 2010, avviene nell’impresa italiana soltanto nel giugno 2010.

Ctp Milano, sentenza 3935/4/2017

Nessuna elusione per il notaio socio di una Srl che compra un immobile

Per qualificare l’operazione come elusiva (nel caso di specie, un’immobiliare eroga servizi e loca l’immobile tramite altra srl sublocatrice allo stesso professionista già socio della medesima immobiliare), l’Amministrazione deve appurare che l’operazione:

• sia priva di sostanza economica;

• sia attuata per ottenere indebito vantaggio fiscale;

• abbia come scopo unico il risparmio di imposta.

Pertanto non può essere qualificata come elusiva l’operazione tramite la quale:

• il contribuente professionista (nel caso di specie, notaio) decide di impiegare le proprie risorse per costituire una società immobiliare assieme alla moglie (nel caso di specie, avvenuta nel 2000);

• la società acquista l’immobile tramite leasing, e poi loca ad altra Srl esercente attività di erogazione di servizi;

• la srl di servizi subloca l’immobile ed eroga servizi (visure, accessi documentali, ecc) allo studio notarile del professionista, già socio della immobiliare.

Questo perché:

• il contribuente può liberamente scegliere di impiegare come vuole le proprie risorse finanziarie, e quindi può decidere di costituire una società immobiliare, dato che ciò rientra nella libertà di cui gode ogni contribuente e quindi nella logica di mercato;

• risulta che la srl sublocatrice eroga servizi anche ad altri soggetti, diversi dallo studio notarile.

Pertanto è illegittimo l’accertamento che riprende a tassazione i canoni di locazione ed costi per servizi pagati dallo studio notarile alla srl perché ritiene l’operazione come elusiva (nel caso di specie, l’Amministrazione ritiene che il professionista avrebbe potuto portare in deduzione solamente la metà della rendita catastale dell’immobile, dato che questi è socio della immobiliare, nonché i costi per servizi erogati dalla srl sublocatrice dell’immobile) perché che tutti i contratti (di locazione e di servizi) sono riconducibili ad un unico soggetto, ovvero tutti in capo al notaio. Infatti l’Amministrazione, per supportare la propria pretesa, avrebbe dovuto dimostrare che i prezzi per i servizi erogati dalla srl ed il canone di locazione erano “fuori mercato”, ovvero di gran lunga superiori rispetto a quelli normalmente praticabili.

Ctp Treviso, sentenza 356/2/2017

Imposta sulla pubblicità per il prodotto anche senza il nome della ditta

Sconta l’imposta sulla pubblicità la rappresentazione grafica del prodotto oggetto di produzione e commercializzazione posta sulla vetrina dell’azienda (c. d. “vetrofania”, ossia una pellicola raffigurante il prodotto), anche se la stessa non è accompagnata dalla denominazione della ditta. Questo perché l’imposta va assolta per ogni tipo di comunicazione anche visiva, apposta in luoghi aperti al pubblico, che ha come obiettivo quello di far conoscere ad una moltitudine indiscriminata di potenziali clienti il prodotto dell’azienda, in base alle disposizioni dell’articolo 5 del Dlgs 507/1993 (Nel caso di specie l’ente locale richiede l’imposta sulla pubblicità per il 2016 ad una gelateria, che aveva apposto nella propria vetrina la raffigurazione del gelato, oggetto di produzione e commercializzazione).

Ctp Varese, sentenza 355/1/2017

Si prescrivono in tre anni le tasse automobilistiche non pagate

Il Concessionario della riscossione, al quale l’Ente creditore (nel caso di specie, la Regione Lazio) affida il recupero delle tasse automobilistiche, deve notificare tramite cartella la relativa iscrizione a ruolo entro il terzo anno successivo a quello in cui il pagamento avrebbe dovuto essere effettuato, pena la prescrizione della pretesa tributaria. Infatti il Concessionario, se non ha potuto notificare l’atto per irreperibilità del contribuente, non può limitarsi ad asserire “verbalmente” di aver inviato raccomandata informativa al contribuente temporaneamente irreperibile, e che la stessa è tornata indietro per compiuta giacenza senza alcuna prova di quanto addotto e senza nemmeno dimostrare di aver svolto ulteriori ricerche. E comunque la pretesa è prescritta se il concessionario stesso indica che la notifica è avvenuta al terzo anno successivo a quello in cui si sarebbe dovuto effettuare il pagamento (Nel caso di specie, il Concessionario notifica il 20 novembre 2014 una cartella per tasse automobilistiche relative agli anni 2006, 2007 e 2010, per oltre 500 euro. In seguito, notifica nel 2015 un preavviso di fermo amministrativo fondato sulla stessa cartella, e su altre due presuntivamente notificate il 7 luglio 2012 ed il 25 luglio 2014 sempre relative a tasse auto per oltre mille e seicento euro, ma non pervenute al contribuente per irreperibilità relativa).

Ctr Lazio, sentenza 3433/14/2017

Senza sanzioni il rimborso Iva se è stata annullata la rettifica dell’imposta

L’erogazione di un rimborso Iva, poi non più ritenuto spettante da parte dell’Amministrazione ed oggetto di apposito avviso di rettifica, non può essere ulteriormente sanzionato con ulteriore avviso di irrogazione delle sanzioni con l’applicazione di una penalità nella misura del trenta per cento, la stessa riservata per i tardivi e/o omessi versamenti (Nel caso di specie, una società di persone acquista nel 2002 un’area edificabile. Sul presupposto che la stessa risulti un bene ammortizzabile, richiede ed ottiene un rimborso Iva per oltre 120mila euro. Ma per l’Amministrazione tale rimborso non spetta, perché l’immobile non è deperibile e quindi ammortizzabile, e quindi accerta la maggiore imposta. L’atto viene impugnato ed annullato dalla Ctp. Inoltre, con atto separato, irroga una sanzione per oltre 33mila euro, cioè nella misura del trenta per cento per “analogia” a quella prevista per i tardivi e gli omessi versamenti).
In primo luogo, l’atto di irrogazione delle sanzioni non può essere emesso se l’avviso di rettifica presupposto è stato annullato dalla Ctp anche con sentenza non passata in giudicato. In secondo luogo, l’Amministrazione non può applicare sull’importo rimborsato ma ritenuto non spettante la sanzione del trenta prevista dalla norma (articolo 13 del Dlgs 471 del 1997), perché:

• la norma si riferisce soltanto ai tardivi ed agli omessi versamenti delle imposte dovute;

• vViene violato principio di legalità perché si sanziona una condotta illecita non prevista dalla norma;

• l’Amministrazione, per contro, avrebbe dovuto applicare la sanzione più grave dal cento al duecento per cento dell’importo, così come previsto dal quinto comma dell’articolo cinque del Dlgs 471 del 1997, che vale per i casi di un rimborso richiesto e non dovuto, ovvero eccedente il dovuto.
Ctr Sardegna, sentenza 210/5/2017

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