FISCO E SENTENZE/Le pronunce di Milano: dazi, pignoramento, ricorso per revocazione
Dazi all’importazione. Incompetenza del giudice tributario a decidere sul pignoramento presso terzi. Esenzione dall’imposta di successione anche in caso di quota minoritaria. Ambito di applicazione del ricorso per revocazione. Presupposti necessari per procedere all’accertamento analitico-induttivo. Questi i principali temi della rubrica sulle pronunce della Commissione tributaria provinciale e regionale di Milano.
Certificato di origine non valido, l’importatore risponde dei dazi non riscossi
Con riferimento all’importazione delle merci per le quali non sia stato applicato il corrispondente dazio, la Commissione osserva che la normativa comunitaria dispone che qualora un certificato di origine si riveli non valido, l’importatore può essere considerato responsabile dei dazi all’importazione che non sono stati riscossi in seguito alla presentazione di tale certificato, soltanto se si può stabilire che il certificato è stato rilasciato sulla base di informazioni inesatte fornite dall’esportatore. Ancora, la Corte di giustizia Ue ha stabilito che l’onere della prova grava sulle autorità doganali degli stati membri dell’Unione. Pertanto, le autorità doganali che intendano procedere ad un recupero di dazi a posteriori sono tenute a fornire la prova che il rilascio dei certificati inesatti sia imputabile ad una presentazione errata dei fatti da parte dell’esportatore.
■ Ctp Milano, sentenza 975/41/2017
La Commissione tributaria non è competente a decidere sul pignoramento presso terzi
In caso di impugnazione di un atto di pignoramento presso terzi, la Commissione tributaria difetta di giurisdizione. L’eventuale ricorso depositato presso quest’ultima risulta quindi inammissibile. Più precisamente, poiché l’atto di pignoramento presso terzi, disciplinato dall’articolo 72-bis del Dpr 602/73 è atto dell’esecuzione tributaria successivo alla notifica della cartella di pagamento, sussiste il difetto di giurisdizione delle commissioni tributarie, rientrando la controversia nella giurisdizione del giudice ordinario, come desumibile anche dall’articolo 49, comma 2, Dpr 602/73, a norma del quale il procedimento di espropriazione forzata è regolato dalle norme ordinarie del Codice di procedura civile, con le sole eccezioni previste espressamente dallo stesso Dpr 602/1973.
■ Ctp Milano, sentenza 1146/15/2017
Imposta di successione, esenzione anche in caso di quota minoritaria
La Ctp Milano accoglie doglianze del contribuente, il quale, a seguito presentazione della denuncia di successione, aveva omesso di pagare la relativa imposta riferibile ad una quota minoritaria di società ereditata, in quanto al momento del trasferimento della quota, in sede di divisione dell’asse ereditario, aveva espresso insieme ad altri eredi la volontà di continuare per almeno cinque anni l’attività aziendale. Contrariamente alle pretese dell’ufficio, i primi giudici hanno ritenuto che anche nel caso in cui un coerede abbia ereditato soltanto una quota minoritaria delle quote sociali, lo stesso abbia diritto all’esenzione dall’imposta, qualora la volontà di continuare per almeno cinque anni l’attività aziendale venga espressa insieme ad altro erede che abbia da solo acquisito o integrato il controllo della società ereditata ai sensi dell’articolo 3, comma 4-ter, del Dlgs 346/1990.
■ Ctp Milano, sentenza 993/16/2017
Il ricorso per revocazione vale solo per l’errore di fatto
La Ctr Milano rigetta il ricorso in appello per la revocazione della sentenza di primo grado. Nella fattispecie l’Ufficio riprende a tassazione gli interessi passivi indebitamente dedotti da una società consortile, relativi ad anticipazioni che la stessa società richiedeva alle consorziate per provvedere al pagamento dei servizi da tutte usufruiti. La ricorrente chiede la revocazione asserendo un errore di fatto nella sentenza ex articolo 395 n.4 del Codice di procedura civile poiché i giudici non avrebbero tenuto conto della documentazione esistente agli atti di causa, in particolare del bilancio. I giudici di secondo grado, invece, osservano che il motivo proposto non ricorre, la revocazione della sentenza può essere invocata solo per errore di fatto, che risulti dagli atti di causa: ciò avviene qualora la sentenza si basi sulla supposizione di un fatto, la cui esistenza sia incontrastabilmente esclusa o sull’inesistenza di un fatto la cui verità sia positivamente stabilita, sempre che la sussistenza o meno del fatto non sia stata oggetto della pronuncia del giudice. Nella fattispecie, ciò che per la ricorrente è un fatto incontrovertibile e oggettivo, è invece un elemento della controversia, ossia la valutazione della contabilità della società consortile.
■ Ctr Milano, sentenza 305/33/2017
Insussistenza dei presupposti ai fini dell’accertamento induttivo
Con la sentenza in oggetto, la commissione tributaria ribadisce che è preclusa la possibilità di accertamento presuntivo, se il contribuente risulta congruo agli studi di settore. Interessante appare il disconoscimento, dei casi disciplinati dal Dm 11 febbraio 2008 in relazione ai casi di annullabilità , per i quali, sopra certe percentuali di reddito prestabilite, non opererebbe lo studio di settore (facendo così venir meno – almeno potenzialmente – la coerenza dell’induttivo). A tal riguardo, i giudici arrivano alla conclusione secondo cui, il testo costituisce impropriamente un regime derogatorio rispetto a quanto previsto dall’articolo 10, comma 4-bis, della legge 146/98 e in parte innovativo creando ex novo una disciplina con la pretesa di generale applicabilità a tutti i contribuenti ivi indicati ed è altrettanto evidente che, in ragione dei vigenti principi costituzionali in tema di separazione dei poteri e funzione legislativa, tale Dm debba in questa sede essere disapplicato. Da tale conclusione discende la fondatezza della censura del contribuente sulla carenza del presupposto per l’accertamento in virtù dell’adeguamento degli studi di settore. Tanto più che, nel caso di specie, non si è in presenza di una «grave incongruenza» tra redditi dichiarati ed accertati, essendo lo scostamento di poco superiore al 13 per cento .
■ Ctr Milano, sentenza 477/6/2017
Hanno collaborato:
Domenico Crosti, Natalia Falco, Gaetano Sirimarco
Le precedenti uscite di «Fisco e sentenze - Le pronunce di Milano»
23 marzo - Mlbo, prescrizione dei tributi, rettifica del valore di compravendita