FISCO E SENTENZE/Le pronunce di Milano: società di comodo, Imu e stabili organizzazioni
La Commissione tributaria di Milano si è espressa su una serie di vicende riguardanti le società di comodo, gli adeguamenti dei valori Imu, le stabili organizzazioni e i tempi di decorrenza degli interessi legali. Ecco nel dettaglio i principi espressi dai giudici tributari.
Società di comodo: l’interpello era facoltativo anche ante riforma
Nell’ambito delle disposizioni sulle cosiddette “società di comodo”, l’interpello disapplicativo è espressamente considerato facoltativo a partire dal 1°gennaio 2016 dopo l’entrata in vigore del Dlgs 156/2015. Tuttavia, tale facoltà risultava in essere anche precedentemente, e in particolare nell’esercizio oggetto di contenzioso (2012). Ad una attenta lettura è possibile constatare, infatti, come la disposizione vigente all’epoca (legge n. 724/94) prevedesse già, allora, la facoltà e non l’obbligo di proporre interpello disapplicativo, sicchè la sua mancata proposizione non può incidere sul diritto del contribuente, anche a prescindere dalla sua mancata presentazione, di svolgere le proprie ragioni anche in sede contenziosa. Riprova della sua non obbligatorietà consiste nel mancato obbligo - già esistente all’epoca - di impugnare l’eventuale provvedimento di diniego.
Sentenza Ctp Milano n. 4482/17
L’ufficio deve tenere conto degli adeguamenti dei valori Imu
Nella sentenza in commento i giudici di secondo grado si sono pronunciati in merito al ricalcolo effettuato dall’ufficio di imposta di registro, ipotecaria e relativi interessi relativamente al valore di un’area edificabile. La Commissione ha respinto l’appello dell’ufficio in quanto nel ricalcolo di quest’ultimo è emerso un valore Imu inadeguato rispetto a quello effettivamente deliberato dal Comune in epoca più vicina alla cessione dell’area in oggetto. Il Comune, infatti, è libero di adeguare i valori Imu anche prendendo atto della crisi del settore e parametrarli a quelli effettivamente correnti sul mercato, ai sensi dell’articolo 51 del Dpr131/1986. Inoltre, non solo la parte privata aveva chiaramente esplicitato il valore attuale attribuito all’area, ma aveva anche prodotto una perizia con un valore coerente a quanto emerso nell’atto di cessione.
Sentenza Ctr Milano n. 2976/2017
Gli interessi legati ai rimborsi decorrono dal momento in cui il credito diventa esigibile
Nella fattispecie in commento, il contribuente ha adito la Commissione provinciale in merito al pagamento (da parte dell’ufficio) di una parte degli interessi maturati su un credito Iva chiesto a rimborso. Più precisamente, la società contribuente aveva presentato il Modello VR con ritardo rispetto a quanto previsto dall’articolo 21 Dlgs 546/92. Tale situazione, disciplinata dalla Cassazione, imponeva comunque all’ufficio di rimborsare predetto credito. Il dibattito nasce in quanto l’ufficio aveva corrisposto interessi calcolati dal momento di presentazione del Modello VR e non dalla maturazione del credito stesso. I giudici di prime cure, hanno confermato il comportamento dell’ufficio specificando che l’indicazione del credito nel quadro VX della dichiarazione Iva assolve l’adempimento della domanda di rimborso, ma la stessa trova esecutività solo con la presentazione del modello VR. Da ciò «solo da quando il credito ha acquistato carattere di liquidità ed esigibilità, sulla somma dovuta decorrono, a norma dell'art.1282 del C.c., gli interessi corrispettivi nella misura legale».
Sentenza Ctp Milano n. 4488/2017
Il contribuente è responsabile nei confronti del Fisco anche in caso di omissioni da parte del professionista (salvo casi particolari)
La fattispecie trattata si riferisce alla rideterminazione del volume d’affari da parte dell’agenzia delle Entrate a seguito di notifica di relativo questionario inviato per mancanza della presentazione della dichiarazione dei redditi e del pagamento delle imposte da parte del contribuente. Il contribuente, nel caso di specie, aveva tentato di scaricare la propria responsabilità nei confronti dell’amministrazione finanziaria sul professionista incaricato della presentazione della dichiarazione fiscale. Al riguardo la Commissione, sostenendo la posizione dell’ufficio, ha rigettato tale discarico di responsabilità, confermando che la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi non può essere attribuita al professionista incaricato in quanto - come già evidenziato dalla giurisprudenza i legittimità - la colpa può essere attribuita al professionista (con discarico, al contempo, della società) solo qualora la società riesca a dimostrare di aver svolto atti diretti a controllare l’operato dello stesso.
Sentenza Ctr Lombardia n. 2959/2017
Stabile organizzazione in Italia di istituto bancario estero
Con la Sentenza in epigrafe i Primi Giudici affrontano la complessa problematica derivante da accertamenti pluriennali emessi dall’agenzia delle Entrate a carico di un istituto bancario estero la cui stabile organizzazione in Italia aveva dedotto integralmente dal 2006 al 2010 gli interessi passivi imputati a conto economico a fronte di finanziamenti erogati dalla casa madre, pur essendo insufficiente il relativo fondo di dotazione (secondo i parametri per la determinazione del “patrimonio di vigilanza” impartiti dalla Banca d’Italia). Sulla stessa questione il contribuente aveva preliminarmente eccepito l’inefficacia del raddoppio dei termini applicato dall’ufficio. Su quest’ultimo punto (raddoppio dei termini), la Commissione tributaria accoglie le legittime doglianze del contribuente, in quanto la fattispecie delittuosa di cui all’articolo 4 Dlgs n.74/2000 non può applicarsi, essendo gli interessi passivi effettivamente sostenuti e quindi tutt’altro che fittizi. In ordine, invece, al tema centrale (deducibilità interessi), secondo i primi giudici, l’operato dell’ufficio appare corretto ed i rispettivi ricorsi vanno rigettati sul presupposto che l’osservanza da parte dell'istituto finanziario estero dei parametri di valutazione dell’adeguatezza del fondo di dotazione imposti dal proprio paese adottati in concreto, non può generare sottrazione di imponibile all’Erario italiano. Pertanto, l’ufficio riqualificando la parte dei finanziamenti ricevuti dalla branch aventi natura di “fondo di dotazione”, in funzione anche delle operazioni che avevano generato componenti positivi di reddito in Italia, ha rideterminato correttamente la quota parte di interessi passivi addebitati alla branch non deducibili in Italia, consentendo allo Stato in cui la stabile organizzazione è localizzata di esercitare il proprio diritto impositivo sul reddito prodotto nel proprio territorio.
Sentenza Ctp Milano n. 4496/2017
(Ha collaborato Domenico Crosti)