Adempimenti

Fondo perduto, strada in salita in presenza di errori

Impossibile presentare una integrativa per risolvere problemi in fase di presentazione dell’istanza

Come correggere gli errori commessi nelle istanze per il riconoscimento del contributo a fondo perduto? Non c’è solo il tema dell’esatta individuazione dei territori interessati da stati di emergenza a rendere più “caldi” questi giorni di agosto negli studi professionali, ma anche la scelta del comportamento da tenere a fronte di inesattezze (indotte o meno dai vari chiarimenti) commesse nella compilazione del modello di domanda di cui all’articolo 25 del Dl Rilancio.

Dall’esame delle istruzioni emerge che non è prevista la presentazione di una istanza “integrativa” dopo che la prima ha ottenuto la seconda ricevuta, quella che attesta l’accoglimento da parte dell’Agenzia. Da quel momento il sistema accetta solo le comunicazioni di rinuncia. E qui iniziano i problemi.

Le fattispecie vanno tenute distinte tra errori che hanno determinato l’ottenimento di un maggior contributo e quelli che hanno avuto l’effetto opposto. Sui primi, le circolari 15/E/20 e 22/E/20 hanno affrontato vari casi.

In sintesi, si tratta di procedere alla rinuncia (che, tuttavia, non può essere parziale) e/o alla restituzione del contributo o della differenza ottenuta in eccesso.

Qualche riflessione merita il pagamento della sanzione che a nostro avviso non si applica quando la restituzione è avvenuta per effetto di chiarimenti sopravvenuti.

Più complesso il tema degli errori “a sfavore”. Ci sono stati errori meramente formali, come ad esempio l’errata comunicazione del codice Iban o una difformità tra denominazione o ragione sociale (con partita Iva) e intestazione del conto corrente (dove per ipotesi compare solo il codice fiscale).

Spesso, in queste fattispecie, le istanze sono state scartate dopo la presa in carico ed è stato possibile presentare una seconda istanza.

Nella maggior parte dei casi sono stati commessi errori sostanziali, come ad esempio nel calcolo del fatturato. Con la circolare 22/E si sono chiarite varie fattispecie (distributori di carburante, passaggi interni, operazioni fuori campo Iva e così via) che potrebbero aver “spiazzato” chi aveva già presentato domanda e, rifacendo i calcoli secondo le indicazioni della circolare, ha scoperto di aver diritto a un contributo maggiore.

Vengono segnalati anche casi paradossali, dovuti alla pressione di questo periodo, in cui micro e piccole imprese in difficoltà a fine 2019 hanno restituito il contributo ricevuto salvo poi apprendere che, in base alle modifiche del quadro europeo sugli aiuti di Stato legati al Covid-19, esso gli spettava. In questi casi manca una tutela giuridica, per quanto l’ultimo periodo del comma 12 rinvii per le controversie alle norme generali su contenzioso. Una soluzione ipotizzabile è quella di un’istanza alle Entrate, con l’indicazione dei dati corretti e del contributo (o della differenza spettante) da inviare via pec. A nostro avviso si potrebbe utilizzare l’indirizzo Istanza-CFP150mila uro@pec.agenziaentrate.it che serve ad altri scopi ma forse fa arrivare l’istanza nell’ufficio competente.

Il diniego o il silenzio dell’Agenzia potrebbero a nostro avviso essere oggetto di impugnazione, in base all’articolo 19 del Dlgs 546/92 che la Cassazione ha sempre interpretato estensivamente sul novero degli atti impugnabili lesivi dei diritti del destinatario. Così come dovrebbe forse essere impugnabile anche il rifiuto ricevuto all’atto di presentazione della seconda istanza “correttiva”. L’inattività, invece, potrebbe determinare la preclusione del diritto a vedersi riconosciuta la differenza.

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