Controlli e liti

Giacenze di magazzino sempre oggetto di valutazione

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di Giovanni Negri

Le valutazioni pesano anche nel penale tributario. Non solo sul falso in bilancio, dove sono state oggetto di una faticosa introduzione nel perimetro penale. E possono condurre al proscioglimento dal reato di dichiarazione infedele. Il valore da attribuire alle giacenze di magazzino , allora, ben può essere il risultato di una valutazione da parte dell’imprenditore. Lo chiarisce la Corte di cassazione con la sentenza n. 43817 della Terza sezione penale depositata ieri. Revocato quindi il sequestro di quasi 200.000 euro disposto dal Gip.

Il ricorso era stato presentato dalla Procura, sottolineando che, sulla base dell’articolo 2426 del Codice civile, le rimanenze devono essere iscritte al costo d’acquisto, se comprate da fornitori, o a quello di produzione; in alternativa devono essere iscritte al valore di realizzazione dato dall’andamento del mercato, quando questo valore è minore del costo. L’organismo italiano di contabilità ha emanato due distinti documenti, ricordava il Pm, descrittivi dei principi contabili sulle rimanenze. Per la società indagata il costo doveva essere quello secco d’acquisto visto che non era stato indicato nello stato patrimoniale un risultato inferiore al costo d’acquisto.

Nessun elemento di valutazione poteva quindi entrare nel calcolo delle giacenze, rendendo impossibile l’applicazione dell’articolo 4 comma 1 ter del decreto legislativo n. 74 del 2000, con giudizio di irrilevanza penale per le valutazioni al di sotto del 10% di scostamento da quelle corrette.

Per la Cassazione, invece, è convincente la motivazione dell’ordinanza del tribunale. In questa prospettiva allora va ritenuta «più corretta ed aderente ai principi vigenti in materia di contabilità aziendale la tesi secondo la quale le giacenze di magazzino non costituiscono un dato scevro da valutazioni». Le rimanenze così, rappresentano sempre il frutto di una serie di considerazioni dell’imprenditore e semmai di terzi accertatori, revisori, controllori, in maniera tale da tenere conto di una serie di fattori che incidono sul loro reale valore o consistenza.

Nel determinare il valore reale e attuale delle giacenze, per esempio, possono assumere rilevanza elementi come «la vetustà, l’obsolescenza e la deperibilità». Non è quindi possibile il riferimento a un solo dato numerico obiettivo. «Ed allora, applicando tale principio di ordine generale alla presente fattispecie, appare evidente che, trattandosi di un dato valutativo, debba trovare applicazione il margine di tolleranza tra accertato e dichiarato pari al 10% recentemente introdotto nell’alveo dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 74 del 2000».

Del resto, precisa ancora la Cassazione, lo stesso articolo 2426 del Codice civile prevede una contabilizzazione al costo di acquisto o di produzione con riferimento a elementi come il valore di realizzazione possibile per l’andamento del mercato che rendono evidente come ci si trovi in una materia oggetto di valutazione e non di applicazione matematica di valori.

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