Impossibile la decadenza retroattiva dal forfettario
La costituzione di una società nel corso dell’anno non può comportare l’uscita «a ritroso» dal 1° gennaio precedente
L’acquisizione a titolo gratuito di una partecipazione in società di persone da parte di un soggetto in regime forfettario non comporta l’uscita forzata dal regime a partire dal periodo d’imposta successivo, a condizione che la causa ostativa venga rimossa entro la fine dell’anno. Questa risposta resa dall’Agenzia nel corso di Telefisco 2020, non costituisce una sorpresa in quanto ribadisce quanto emergeva dalla circolare 9/E/19 nel caso della quota ricevuta per successione, anche se è apprezzabile sia l’estensione alla donazione che la conferma che la deroga non era limitata al periodo d’imposta 2019.
Molti contribuenti, tuttavia, si pongono altri due quesiti, entrambi abbastanza delicati in considerazione di una posizione fortemente restrittiva assunta dalla suddetta circolare.
Il primo quesito riguarda il contribuente che, nel corso del periodo d’imposta abbia rimosso la causa ostativa liberandosi di una partecipazione in società di persone, studio associato o impresa familiare e vorrebbe di seguito aprire una partita Iva individuale in regime forfettario. La situazione è trattata, in senso favorevole, dalla circolare 10/E/16, nella quale, tra l’altro, si legge che «il riferimento alla contemporaneità per la verifica della causa ostativa impedisce l’accesso al regime a coloro che detengono partecipazioni in costanza di applicazione del regime».
Tuttavia, tale conclusione non è conforme a quanto sostenuto dall’ Agenzia con la circolare 9/E/19, nella quale si afferma che, diversamente, «la causa ostativa non opera solo a condizione che il contribuente, nell’anno precedente a quello di applicazione del regime stesso, provveda preventivamente a rimuoverla».
Il “cambio di rotta” dell’Agenzia è difficilmente giustificabile, poiché sul punto la disposizione è esattamente identica a quella in vigore dal 2015: sussiste la causa ostativa in quanto vi sia “contemporaneamente” esercizio di attività individuale e possesso della partecipazione, situazione che non si verifica nel caso esaminato. E infatti, per cercare di motivare l’interpretazione più rigida di una norma non modificata, la circolare si “arrampica” su una “nuova ratio” restrittiva del regime in argomento. Presa di posizione, che, a nostro avviso, stridendo con il dato normativo, non dovrebbe convincere un giudice tributario, più attento alle leggi che alla loro interpretazione resa dall’Agenzia in circolare. Anche perché la presa di posizione della circolare 9/E costringerebbe il contribuente ad aprire la partita Iva in regime semplificato salvo poi passare al forfait l’anno successivo: molto fastidio per un risultato modesto.
Il secondo dubbio riguarda il soggetto che, in costanza di regime forfettario, acquista una quota di società di persone ovvero partecipa alla costituzione di una simile società, di uno studio associato o di una impresa familiare. Al di là di affermazioni di carattere generale i contribuenti vorrebbero sapere quali sono le conseguenze di una situazione che, comunque, può accadere, fermo restando che il suggerimento del consulente dovrebbe essere quello di chiudere la partita Iva individuale almeno il giorno prima di acquisire o costituire il soggetto societario. Giuridicamente, non si può che prendere atto che il comma 71 dell’articolo 1 della legge 190/14 prevede l’uscita dal regime con effetto dall’anno dopo, sia se viene meno taluna delle condizioni di accesso di cui al comma 54 (superamento del limite dei 65mila euro di ricavi/compensi, di quello dei 20mila euro delle spese per lavoro dipendente o di quello dei 30mila come reddito di lavoro dipendente) sia se si verifica una causa ostativa (tra cui il possesso di una partecipazione incompatibile).
Allo stato attuale, quindi, non vi sono elementi che sostengano una possibile decadenza retroattiva dal regime forfettario.