Contabilità

Industria 4.0, contratti di ricerca con formula chiara

di Stefano Mazzocchi

Nell’ambito delle agevolazioni di Industria 4.0 un particolare rilievo, sia per il credito s’imposta per ricerca e sviluppo, sia per il patent box è assegnato al contratto di ricerca. Nel primo caso (credito per R&D) i costi supportati da un contratto di ricerca rientrano fra i costi eleggibili previsti dalla lettera c) dell’articolo 3 del Dl 145/2013. Quanto al patent box, anche questa tipologia contrattuale è contemplata fra quelle che rientrano nel calcolo (articolo 1, comma 37 della legge di Stabilità 2015). L’agenzia delle Entrate si è soffermata a lungo sulla descrizione di questo contratto, specialmente nell’ambito dell’attività di ricerca e sviluppo. Si tratta di un contratto atipico, dove particolare importanza rivestono «gli aspetti sostanzialistici del contratto stesso» (si vedano le risposte ai quesiti 4.3.1/2 della Circolare 13/E/2017). Gli schemi negoziali più prossimi sono quelli dell’appalto o d’opera. Fondamentale per la classificazione e l’inquadramento contrattuale è l’attività effettivamente svolta dal commissionario, per il quale non ci sono limitazioni o restrizioni di natura soggettiva.

Già la circolare 5/E/2016 aveva evidenziato che i contratti in rassegna possono essere stipulati con enti o soggetti terzi commissionari genericamente intesi (società, università, enti non commerciali, professionisti). Formalmente, oltre all’esistenza scritta del contratto, è necessario allegare alla documentazione probatoria (ai fini del calcolo del tax credit) anche una relazione del soggetto che svolge la ricerca in cui lo stesso descriva esclusivamente la tipologia e la qualità dell’attività svolta nel periodo d’imposta nel quale calcolare l’agevolazione. In questa relazione dovrà apparire in modo evidente e chiaro il tipo di prestazione effettivamente svolto a favore dell’impresa committente. Premesso questo, il contratto - come precisa la circolare 5/E/2016 - deve quindi contenere:

l’impegno a svolgere tale attività direttamente o tramite ulteriore sub appalto;

l’indicazione che l’effettivo beneficiario “degli eventuali risultati di tale attività sia l’impresa committente”;

la specificazione che la stessa impresa committente assuma in proprio il rischio per l’attività da mettere in atto;

la clausola secondo cui l’impresa commissionaria o eventualmente sub commissionaria siano escluse per tale attività dal calcolo del credito d’imposta;

la specificazione che l’attività svolta dalla commissionaria sia coerente con quella effettivamente esercitata (la stessa circolare non obbliga l’impresa che svolgerà l’attività di ricerca ad avere tale attività nell’oggetto sociale né di avvalersi di personale altamente qualificato) ;

l’obbligo che il commissionario fornisca una relazione/report a consuntivo sull’attività effettivamente svolta.

Rispetto all’entità del corrispettivo pattuito, questo dovrà essere congruo e pertinente nel rapporto qualità/quantita’ dell’attività prestata o commissionata, e avvenire a condizioni di mercato normali e che non comportino elementi di collusione.

Queste indicazioni portano a svolgere alcune considerazioni prettamente fiscali. Innanzitutto, il contenitore contrattuale è quanto mai ampio e puo’ spaziare su qualsiasi attività della ricerca o quota parte che rientri nelle categorie di attività oggettivamente eleggibili (dalla ricerca di base a quella industriale). L’attività di ricerca commissionata a sua volta deve rientrare nell’ambito di un progetto per un’innovazione di prodotto o di processo che l’azienda committente deve condurre come driver strategico. Infine, deve esserci una stretta connessione fra quanto previsto contrattualmente come attività e la relazione a consuntivo che la commissionaria dovrà fornire, per permettere al committente di poter includere tale costo nel conteggio del credito d’imposta spettante. Grazie anche a tale relazione si potrà agevolmente escludere di essere in presenza di una “semplice consulenza tecnica” rientrante ai fini del calcolo nelle competenza tecniche

Ai fini del calcolo del credito d’imposta e del patent box, è necessario ben disciplinare all’interno del contratto di ricerca le modalità di imputazione del costo di competenza che deve avvenire in base a quanto previsto dall’articolo 109 del Tuir. Tuttavia, è indispensabile verificare contrattualmente quando l’attività stessa debba intendersi ultimata salvo che siano previsti degli stati di avanzamento lavori.

Per gli investimenti effettuati dallo stesso commissionario, ai soli fini del calcolo del credito d’imposta per R&D, va escluso quanto sostenuto per la realizzazione dell’attività di ricerca.

Il commissionario può contabilizzare degli intangibili complementari e/o scaturenti dall’attività di ricerca svolta (sideground). Si pensi ad esempio alla maturazione eventuale di know how che avviene “naturalmente” nello svolgimento dell’attività commissionata, fermo restando che i risultati dell’attività sono di esclusivo appannaggio del committente.

Niente vieta quindi che il know how sia rilevabile, con la conseguente possibilità di avvalersi per questo intangibile del patent box: nel caso specifico, appare difficile che questo possa avvenire se l’impresa committente acquisisce a sua volta le competenze subappaltando il contratto di ricerca. Sempre a questo proposito, la norma non prevede espressamente che i costi eleggibili, nel contratto di ricerca extra muros, siano replicabili per il commissionario rispetto alle risorse umane o alle competenze tecniche richieste dalla normativa originaria. Questa imposizione è richiesta solo per i contratti stipulati all’interno dei gruppi che de facto trasformano il contratto di ricerca intra muros con l’obbligo di calcolo del credito d’imposta non sul corrispettivo pattuito fra le parti ma basandosi sui costi eleggibili (come prevede la norma).

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