Interessi passivi, resta il regime originario anche dopo la fusione
Le eccedenze di interessi passivi - riportati da una società soggetta alle limitazioni del 30% del Rol - continuano ad essere sottoposte al regime originario anche in caso di fusione per incorporazione in una società esclusa dall’ambito di applicazione dell’articolo 96 del Tuir.
Il principio emerge dalla risposta all’istanza di interpello 62/2018 pubblicata ieri ( clicca qui per consultarla ), con la quale le Entrate hanno analizzato la fattispecie sottoposta da una società – costituita per la costruzione, realizzazione e gestione commerciale di un interporto – che ha incorporato una propria controllata di servizi, costituita al fine di rispettare l’obbligo che imponeva la separazione delle attività tecnico-immobiliari dal ruolo istituzionale.
L’articolo 96, comma 5, del Tuir esclude dal proprio ambito di applicazione una serie di soggetti, tra cui banche e società finanziarie, imprese di assicurazione, società consortili costituite per l’esecuzione di determinati lavori, società di progetto, e società costituite per la realizzazione e l’esercizio di interporti. Analoga esclusione si applica alle società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare, con riferimento agli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione.
La società istante, in quanto società costituita per la realizzazione e l’esercizio di interporti, era quindi esclusa dalla limitazione della deducibilità degli interessi passivi, mentre la propria controllata era soggetta all’applicazione delle regole ordinarie (deducibilità degli interessi nei limiti del 30% del Rol). Nel corso del 2017 l’istante ha incorporato la propria partecipata, con effetti contabili e fiscali retrodatati al 1 gennaio 2017.
Poiché a seguito della fusione la società incorporante non ha mutato la propria attività, ma ha solo accorpato al proprio interno talune funzioni prima svolte dalla incorporata, la società interpellante riteneva che, a seguito della fusione, tutte le eccedenze di interessi passivi formatesi negli anni in capo alla incorporata (così come gli interessi maturati nel 2017 fino alla data della fusione ed imputati contabilmente alla incorporante per effetto della retrodatazione contabile e fiscale) avrebbero potuto essere dedotte dall’incorporante senza subire alcuna limitazione alla deducibilità, salvo il rispetto del test di vitalità ai sensi dell’articolo 172 del Tuir.
Secondo la risposta all’interpello tale tesi non è condivisibile poiché gli interessi, che si vorrebbero dedurre integralmente nell’esercizio in cui si è perfezionata la fusione, si sono formati nel corso di diversi anni ad opera di un soggetto (la società incorporata) che in quel periodo non era escluso dalle regole dell’articolo 96 del Tuir.
Ne consegue che, indipendentemente dalla decorrenza fiscale e/o contabile della fusione, gli oneri finanziari relativi a periodi d’imposta in cui il soggetto non rispettava i requisiti soggettivi all’articolo 96, comma 5, restano vincolati alle ordinarie regole di deduzione degli oneri finanziari previste dai commi da 1 a 4.
Gli oneri finanziari provenienti dalla incorporata potranno essere dedotti dalla società incorporante secondo le regole ordinarie, ovvero nel limite degli interessi attivi e proventi assimilati e l’eccedenza in misura pari al 30% del Rol.