Imposte

Iva al 22% per i servizi di ricerca su investimenti resi agli intermediari

di Michele Brusaterra


I servizi di ricerca in materia di investimenti, autonomamente remunerati, forniti dai negoziatori agli intermediari che svolgono servizi di gestione individuale di portafogli, non possono più seguire il regime di esenzione Iva, dopo la Direttiva 2017/593/UE.
È questa la conclusione a cui arriva l’agenzia delle Entrate, attraverso la risoluzione 61/E dell’8 agosto scorso.

Ma vediamo di analizzare la questione. I numero 4 e 9 dell’articolo 10 del Dpr 633/1972 stabiliscono, rispettivamente, l’esenzione per «Le operazioni relative ad azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e a quote sociali, eccettuati la custodia e l’amministrazione dei titoli nonché il servizio di gestione individuale di portafogli (…)» nonché per le relative prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione.

Proprio sulla interpretazione di tali due norme, interviene l’Agenzia con la risoluzione 61/E/2018, affrontando il tema dell’applicabilità, o meno, dell’esenzione ai servizi di ricerca in materia di investimenti, resi da negoziatori nei confronti di intermediari che svolgono servizi di gestione individuale di portafogli, «nell’ottica di assicurare il rispetto, da parte degli stessi intermediari, degli obblighi generali di correttezza e di trasparenza nel rapporto con i loro clienti».

L’istante a tal proposito fa presente che fino a oggi, ossia fino a prima che mutasse il quadro normativo a seguito del recepimento della Direttiva MIFID II - Markets in financial instruments directive, Direttiva 2014/65/UE, integrata, con decorrenza dal 3 gennaio scorso, dalla Direttiva delegata 2017/593/UE, la ricerca in commento, che era implicitamente remunerata con l’unico corrispettivo pagato al negoziatore per l’esecuzione degli ordini, era riconducibile al n. 9 dell’articolo 10 del Dpr 633/1972, già sopra richiamato, e, quindi, esente da Iva.

L’agenzia delle Entrate, facendo innanzitutto presente che prima delle modifiche di cui si è detto, il servizio di ricerca in materia di investimenti non risultava avere una sua autonoma rilevanza economica «rispetto al servizio di esecuzione di ordini fornito dai negoziatori ai gestori individuali di portafogli», visto che la remunerazione da imputare alla ricerca stessa era compresa «nell’unica commissione di negoziazione pagata al negoziatore», evidenzia che il mutato quadro normativo, a seguito del recepimento della Direttiva delegata di cui si è detto, vuole garantire una maggiore trasparenza nei rapporti tra gestore e clienti ovvero investitori.

Pertanto, se il servizio in commento è finalizzato a uno specifico onere di ricerca che viene posto a carico del cliente stesso, esso deve essere «indipendente e separatamente identificabile rispetto agli altri servizi» che vengono forniti dal negoziatore, nonché del tutto svincolato dal volume e/o dal valore delle operazioni eseguite per conto del cliente.

A questo punto il servizio di ricerca in oggetto, si deve configurare come un servizio «distinto e autonomo» anche da un punto di vista economico, rispetto all’altro servizio che è quello di esecuzione degli ordini forniti dal negoziatore.

Alla luce di ciò, i servizi di ricerca in materia di investimenti, autonomamente remunerati secondo le nuove condizioni di ricevibilità dei servizi di cui all’articolo 13 della Direttiva 2017/593/UE, forniti dai negoziatori agli intermediari che a loro volta svolgono il servizio di gestione individuale di portafogli, non possono più seguire il regime di esenzione ma sono, invece, da assoggettare ad aliquota Iva ordinaria.


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