L’aliquota Ue è scesa di 12 punti in vent’anni
«I paesi spesso utilizzano la fiscalità societaria per attirare imprese estere ad alta crescita o per facilitare le industrie dei servizi per il business», afferma Willem Pieter De Groen, ricercatore per le istituzioni finanziarie al Centre for European Policy Studies (Ceps), uno dei maggiori think tank di Bruxelles e ricercatore presso l’International Research Centre on Cooperative Finance dell’ Hec Montréal in Canada.
De Groen ha accettato di rispondere a qualche domanda dopo la presentazione della riforma fiscale americana che abbassa l’aliquota societaria dal 35 al 20% e lancia la sfida al Vecchio Continente che in questa materia si muove in ordine sparso. Basta ricordare il caso irlandese con l’aliquota del 12,5% sulle attività produttive, industriali e commerciali, difeso con le unghie anche durante il programma di salvataggio Ue e Fmi dal 2010 al 2013. Agli antipodi ci sono i grandi paesi come la Francia, l’Italia e la Germania.
«Bisogna fare una premessa metodologica. Utilizzare la fiscalità per attirare gli investimenti può diventare una distorsione economica perché gli investimenti non avvengono necessariamente nei luoghi in cui sono più efficienti», spiega De Groen. «Inoltre la concorrenza basata sui rispettivi sistemi fiscali preme a sua volta verso gli altri Stati per rendere i sistemi fiscali ancora più competitivi». Insomma non sempre la guerra fiscale porta alla giusta allocazione degli investimenti.
«Negli ultimi due decenni, il tasso medio dell’aliquota societaria degli Stati membri dell’Unione europea è diminuita di quasi un terzo passando dal 35% del 1995 al 23% nel 2014. Inoltre, sempre nello stesso periodo, la distanza tra l’aliquota massima e quella più bassa si è ristretta», spiega De Groen.
«Oltre all’aliquota si dovrebbe anche prendere in esame la base imponibile, che varia notevolmente tra i vari paesi». Ogni tentativo di armonizzazione europea è finora fallita. «In questo contesto va segnalata - prosegue De Groen -l’iniziativa Ocse chiamata Oecd Beps (Base erosion e profit shifting), cioè l’erosione della base imponibile con spostamento dei profitti societari». «Questa iniziativa Ocse punta a ridurre lo sfruttamento delle lacune e delle disparità di trattamento tra i vari sistemi fiscali dei paesi membri».
Insomma, la guerra fiscale per attrarre investimenti è legittima ma va giocata in modo corretto, senza creare distorsioni sull’allocazione degli investimenti.