Imposte

L’area ceduta gratis al Comune taglia la plusvalenza sulla vendita

di Giorgio Gavelli

Il costo (originario o rivalutato) della quota di area edificabile ceduta gratuitamente al Comune in adempimento della convenzione di lottizzazione costituisce un costo inerente alla restante parte di area successivamente ceduta a terzi, per cui incide positivamente sul calcolo della plusvalenza sino ad azzerarlo. Questa conclusione, recentemente accolta anche dalla Corte di cassazione, aiuta a completare correttamente i calcoli di convenienza per l’affrancamento di valore sulle aree edificabili non possedute in regime d’impresa, per le quali il 2 luglio scade il termine per l’asseverazione della relazione di stima e per il versamento della prima o unica rata di imposta sostitutiva Irpef dell’8% (si veda «Il Sole-24 Ore» del 21 giugno).

I calcoli di convenienza confrontano tale tassazione sostitutiva (e il connesso costo di redazione della perizia) con l’imposta assolta ordinariamente, la quale dipende, oltre che dalle aliquote marginali del contribuente, anche dalla tipologia di area ceduta (agricola, lottizzata, edificabile), dalla provenienza della stessa (acquisto, successione o donazione), dal diritto che si intende cedere (proprietà piena o nuda, usufrutto, diritto di superficie, diritto edificatorio) e dalla presenza di eventuali oneri accessori deducibili nel calcolo della plusvalenza.

Un caso particolare, che spesso ha causato problemi, riguarda la cessione dell’area che residua dopo che, in ottemperanza a quanto previsto dalla convenzione urbanistica, il privato ha ceduto gratuitamente al Comune la parte restante del terreno. I quesiti che normalmente si pongono sono due, vale a dire:

in caso di tassazione senza affrancamento, la possibilità per il contribuente di considerare, tra gli oneri accessori inerenti, il costo sostenuto per acquisire la quota di terreno già ceduta all’ente pubblico come previsto dalla convenzione;

in caso di intervenuto affrancamento di valore, la possibilità di attribuire l’intero valore affrancato all’area rimanente in seguito alla cessione a titolo gratuito, cumulando su di essa anche la parte di valore intrinseca (ma non monetizzata) nella frazione oggetto di tale cessione gratuita.

La risposta è positiva in entrambi i casi. Infatti, il “sacrificio” imposto dalla cessione gratuita non può non costituire un maggior costo dell’area residua, poiché è stato sostenuto con l’unico scopo di rendere possibile la proficua commercializzazione di quest’ultima.

Già in passato, ma con riferimento ai redditi d’impresa, l’agenzia delle Entrate ha riconosciuto – con risoluzione 322/E/2002 – che «le operazioni di cessione gratuita delle aree, effettuate, non per spirito liberale, bensì in adempimento di precisi obblighi contrattuali, costituiscono un onere necessario alla realizzazione della iniziativa urbanistica» con la conseguenza che il valore «non potrà che essere riattribuito alle residue aree interessate all’attività di trasformazione edilizia».

Proprio in questi giorni (ordinanza 8 giugno 2018 n. 15008), la Corte di cassazione ha esaminato il caso di un contribuente che aveva affrancato con perizia oltre 10mila metri quadrati di terreno edificabile, e ne aveva poi ceduto meno di 7mila perché la parte restante era stata ceduta gratuitamente al Comune. Dato che la cessione a terzi era intervenuta allo stesso valore di perizia, l’Ufficio pretendeva la tassazione di una plusvalenza pari al differenziale tra corrispettivo unitario al metro quadrato in sede di vendita e valore unitario al metro quadrato di affrancamento, moltiplicato per i 3mila metri quadrati “regalati”. In sostanza, il valore di affrancamento di quest’ultima estensione veniva considerato “perso” dall’Agenzia. Di diverso avviso la Suprema corte, secondo cui il valore (affrancato) di cessione dell’area al Comune deve essere sommato al valore dell’area ceduta a terzi, per cui, nel caso di specie, la plusvalenza imponibile realizzata è stata considerata pari a zero.

Va ricordato che se, invece, l’area è stata oggetto di esproprio da parte dell’ente pubblico (o di cessione volontaria nel corso di procedimento espropriativo), con conseguente applicazione della ritenuta del 20%, il contribuente può optare per la tassazione ordinaria e far valere l’affrancamento di valore in dichiarazione per vantare il credito d’imposta generalmente pari all’intero importo della trattenuta (circolare 81/E/2002).

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